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Il mozzo e i fagioli - cap. 1


di klo2000
14.01.2021    |    6.984    |    5 8.6
"” “Al primo posto!” precisò il Colucci… “Al primo posto!…ovviamente” borbottò tra i denti il Dottore… “Dottore, lo prepari…” in certe occasioni solenni..."
IL MOZZO E I FAGIOLI

Genova, 1743

Giovanni Battista Pagano era sbarcato due mesi prima dal suo ultimo ingaggio in nave, durante il quale si era ammalato in modo talmente grave che non avrebbe più potuto imbarcarsi sui velieri che facevano il periplo dell’Africa per raggiungere Zanzibar, dove avveniva lo scambio fra le merci di produzione europea con quelle che provenivano dai ricchissimi paesi dell’Oriente. In quei due mesi si era ammalata anche sua moglie, Teresa, che lo aveva lasciato, in una triste mattina di marzo, solo col figlio Nicolò di tredici anni…ed ora Giovanni Battista stava andando dal capitano Colucci, col quale aveva fatto gli ultimi tre viaggi e che lo apprezzava molto come marinaio scelto, per chiedergli di prendere con sé, come mozzo, il suo ragazzo, l’unico sostegno che era rimasto alla sua povera famiglia…
“Cosa sa fare il vostro ragazzo?”
“E’ un ragazzo buono e di cuore, non si e’ mai allontanato da casa ed è sempre rimasto con la madre, ma ora bisogna che si dia lui da fare perché io non sono più buono a nulla…è volenteroso e con un po’ di pratica potrà imparare a fare tutto quello che occorre sulla nave, i servizi più umili…vi prego di prenderlo alle condizioni che volete voi…”
“Con i fagioli o senza?…”
Giovanni Battista rimase qualche istante a pensarci, poi amaramente rispose:
“Se non c’e’ altro modo, con i fagioli va bene…”
“Bene, portate il ragazzo domani mattina per l’imbarco, all’alba partiamo.”
“Per dove, questa volta?”
“Marsiglia e Malaga…e poi il solito giro fino a Zanzibar.”
Il Pagano baciò in segno di ringraziamento la mano del capitano e poi corse a casa a preparare il figlio per la sua nuova vita…

Il Paganetto, così veniva chiamato da tutti Nicolò, per l’esilità del suo corpo, era benvoluto da tutti gli abitanti del carruggio dove abitava e dove tutti erano rimasti addolorati per la scomparsa della sua cara mamma…aveva, come abbiamo già detto tredici anni e stava cominciando a farsi giovanotto, anche se non aveva ancora i primi segni della barba che caratterizzava gli uomini di mare…era fisicamente ancora in formazione, non alto…non muscoloso…con la pelle chiara di Teresa, da cui aveva ereditato le efelidi, con i capelli biondi che gli venivano invece dalla nonna Cristina (così dicevano quelli che l’avevano conosciuta, perche’ era morta prima che lui nascesse) e con gli occhi vivaci di suo nonno, Raimondo Pagano, che faceva, prima di morire due anni prima, il calzolaio e che aveva cominciato ad insegnargli un po’ il mestiere…
“Il capitano ha detto che va bene, domani all’alba ti imbarchi…ti prende per un riguardo a me anche se non hai esperienza di navi, ma te la farai…i tuoi compagni di equipaggio ti insegneranno tutto…tu dovrai rispettarli e ubbidire in tutto ciò che ti ordineranno…il capitano Colucci è una brava persona, anche se sembra un po’ burbero, ma il mare rende le persone poco gentili…anche Dottor Saverio e’ una brava persona….lo chiamano Dottore, ma non e’ medico…però e’ il marinaio più vecchio ed è lui che cura in caso di malattia gli altri marinai…anche gli altri sono bravi cristi…ti troverai bene con loro…attento solo a Poldo…solo lui ti darà problemi…” gli disse il padre abbracciandolo stretto…
“Perché? “ chiese con apprensione Nicolò “è una persona cattiva?…”
“No, anzi…Poldo è buono come il pane, ma a Giambrino, il mozzo che avevamo nell’ultimo viaggi e anche agli altri mozzi prima di lui ha sempre dato problemi…anche loro erano imbarcati con i fagioli…”
“Cosa significa?”
“Lo capirai presto…in viaggio…ora prendi la mia sacca e preparala con la tua roba…spero che a te questa sacca, con le mie iniziali ricamate da tua madre, porterà fortuna…a me non ne ha portata molta….e poi presto a dormire…domani la nave partirà all’alba…”


“Addio figlio mio…” gli disse il padre la mattina successiva, abbracciandolo sul molo dove ara attraccata la “Vittoria”, un veliero non tanto grande che portava sedici uomini di equipaggio, il capitano Colucci, il Dottore, tre marinai scelti fra i quali Poldo, e nove marinai semplici, il cuoco tuttofare e il mozzo…
Nicolò abbracciò per l’ultima volta il genitore, poi, con la sua sacca in spalla, salì sulla nave dove lo aspettava il capitano che lo presentò agli altri marinai schierati, almeno a quelli che non erano sugli alberi pronti a sciogliere le vele…
“Questo è Paganetto…il nuovo mozzo…”
“Con i fagioli?…” chiese Gaspare, un rozzo e tarchiato uomo di mezza età con la pelle cotta dal sole…
“Non pensi ad altro, Gaspare…si, con i fagioli…” gli rispose il capitano…
Appena il sole si fu alzato un poco dietro il monte di Portofino la nave si staccò lentamente dal molo…le mogli e le madri dei marinai erano tutte lì a salutare…con i fazzoletti in mano…prima per sventolarli e poi per asciugarsi le lacrime…alcune avevano figli piccoli in braccio…,l’unico uomo era il Pagano che con due lucciconi negli occhi vedeva il suo figliolo partire per la prima volta….e con i fagioli…per alleviare un po’ il dolore si infilò nella prima osteria a bere con due suoi vecchi amici…vino bianco, di quello che toglie tutte le malinconie…


Il capitano impartiva tutti gli ordini con voce ferma e squillante e i marinai obbedivano arrampicandosi come scoiattoli sulle sartie per drizzare le vele al vento nel modo migliore per dare la giusta velocità all’imbarcazione…al Paganetto aveva ordinato di mettersi a disposizione del cuoco, che si chiamava Brandi, che gli aveva ordinato dapprima di pulire il ponte con uno scopettone e uno straccio che doveva sciacquare in un secchio di acqua dolce:
“Consumane meno che puoi….l’acqua dolce è preziosa, non si sa mai…prima di tre giorni non faremo scalo e vedi di fartela bastare…”
Poi gli aveva ordinato di mettersi in cambusa a sbucciare patate…il viaggio sarebbe avvenuto tutto costeggiando e non c’erano particolari problemi ad approvvigionarsi di cibo..,.,non era come i viaggi nell’Atlantico dove si viveva di gallette e carne salata…
Dopo aver finito il suo lavoro, doveva andare in coperta dove Antonio, uno dei marinai esperti gli avrebbe insegnato a salire sugli alberi fino alla coffa, dove magari, se si fosse comportato bene, un giorno gli avrebbero permesso di stare di vedetta…
“Devi arrampicarti sempre muovendo o una mano o un piede per volta…e togliti le scarpe …sembra facile, ma ci vuol poco a volare di sotto e se finisci in mare bene, ma se finisci sulla tolda sono dolori…e non guardare mai giù…così, bravo Paganetto…impari presto…”
Nicolò si era arrampicato agilmente e ora, in cima all’albero scoprì come era dura e strana la vita dei marinai…Braccio, infatti, uno dei marinai semplici, così soprannominato perché aveva una grande donna nuda tatuata su un braccio, era in piedi sul parapetto della tolda dando le spalle al mare e, aggrappato ad una fune, si era abbassato i calzoni e cagava tranquillamente davanti a tutti…
“La vita qui è così” gli gridò Antonio…”quello è il “cesso”…e buon per te, perché se avessimo un vero cesso, toccherebbe sempre a te tenerlo pulito…invece così non c’è bisogno di altro lavoro…e poi ai pesci piace la merda dei marinai…ahahaha”
Così Paganetto capì che la vita sulla nave era una vita di comunità, promiscua, dove gli uomini dividevano tutto…il letto, il cibo…quella specie di cesso…e i fagioli…


Il primo giorno di navigazione fu tranquillo…la nave andava verso ovest costeggiando in direzione di Marsiglia dove sarebbe arrivata, vento permettendo in tre giorni….qui dovevano caricare tessuti di velluto, damigiane di vino e altre merci destinate agli scambi commerciali con l’Oriente…
Fu all’imbrunire, dopo che il cuoco aveva distribuito, con l’aiuto di Nicolò, la cena che il capitano chiese:
“Quanti fagioli?”
Il Dottore aprì un cofanetto chiuso con un lucchetto sul cui coperchio c’era un piccolo foro rotondo, come un piccolo salvadanaio e contò:
“Otto…”
“Bene, disse il capitano, ci metto anche il mio…”
Un’espressione di delusione apparve sul volte del Dottore che voleva essere il primo…se ci si metteva anche il capitano quest’onore sarebbe toccato a lui…
“Bene, capitano…la metto in lista...”
“Al primo posto!” precisò il Colucci…
“Al primo posto!…ovviamente” borbottò tra i denti il Dottore…
“Dottore, lo prepari…” in certe occasioni solenni il capitano dava del lei al suo equipaggio…poi chiamò il mozzo:
“Paganetto le ha detto niente suo padre?”
“Di cosa?” rispose il ragazzo…
“Dei fagioli?”
“No…non so…” rispose balbettando Nicolò che non aveva capito il senso della domanda…
“Bene, vada col Dottore….ci penserà lui a spiegarle…”
Il Dottore prese Paganetto per un braccio e lo portò a poppa, dove c’era il “cesso”…qui gli disse di calarsi i pantaloni….il ragazzo rimase un attimo perplesso…
“Sei imbarcato con i fagioli…così ha pattuito tuo padre, quindi abbassati i pantaloni e non fare storie…”
“Ma….” Cercò di replicare Nicolò che non capiva…
“Oh, presto capirai…abbassati i pantaloni, forza…e poi girati e piegati in avanti…”
A Nicolò non restò che ubbidire, come gli aveva detto suoi padre, agli ordini ricevuti…si abbassò i pantaloni e rimase nudo dalla cintola in giù…
“Bene bene…” disse il Dottore osservando il pistolotto del ragazzo che spuntava sotto un ciuffetto di peli biondi…”Si comincia a crescere, eh?…” e poi osservandogli il bellissimo culetto:
“Bello…meglio di Giambrino…chissà quanti fagioli ti farai!…avanti piegati e sta fermo…”
Prese un boccettino che aveva in tasca, lo sturò e ci infilò un dito…era olio…poi infilò con una certa delicatezza il dito unto nel culetto del ragazzo aprendo la strada a quello che aveva portato in una borsa a tracolla: un siringone di metallo pieno d’acqua…
“Per la prima volta ho aggiunto un po’ di malva …ti farà meno male…” poi ficcò il beccuccio del siringone nel buchetto del Paganetto e stantuffo tutta l’acqua contenuta nel retto del ragazzo…
“E ora sali sul cesso e svuotati bene…poi ti pulisci qui…” gli ordinò dandogli uno straccio “e poi vieni che ti aspettiamo…”
Nicolò salì sul bordo di legno e tenendosi appeso alla fune scaricò in mare tutto quello che il dottore gli aveva infilato dentro e quando si sentì vuoto si pulì e si rimise a posto i pantaloni…poi andò dal capitano che lo aspettava con otto marinai…
“Ti sei rimesso i pantaloni?” gli chiese il Dottore…”Ma allora non hai ancora capito?…togliteli…anzi, toglieteglieli voi “ ordinò a due marinai…Antonio e Braccio lo afferrarono e lo spogliarono tutto nudo mentre un altro, Anselmo, prese delle corde…lo legarono ad un cavalletto di legno che stava vicino al timone…dove Maurizio, il timoniere di turno, stava governando la nave…
“E lei, Maurizio, non si distragga…la nostra vita è nelle sue mani” disse il capitano, sottolineando con il “lei” la solennità del momento…poi si abbassò i pantaloni e si mise dietro Nicolò…il dottore unse con un po’ d’olio la punta del belino (come si chiama a Genova) del capitano e poi tutti gli uomini si misero a cantare una canzonaccia piena di doppi sensi mentre il capo dell’equipaggio si apprestava a rompere il culo (come si dice a Genova, ma credo anche da altre parti) del povero mozzo….
E fu di sera, sotto un cielo sereno, con tre quarti di luna, davanti alla costa di Nizza, che, al suono di canzonacce, Nicolò Pagano perse la sua verginità e guadagnò il suo primo fagiolo….








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