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Il Novizio 3


di honeybear
19.02.2018    |    22.738    |    8 9.2
"Fu come quel pomeriggio… L’ano lubrificato con la crema della mamma perché non c’era altro in casa… “Aaaahhh… - Il suo uccello affondò nelle mie viscere..."
N.d.A.: se avete scelto la categoria cui appartiene questo racconto, sapete a cosa state andando incontro: quello che state per leggere è il racconto di un incesto dove fatti narrati, eventi e persone sono tutte frutto di fantasia oltre che virtualmente maggiorenni (dato che sono frutto di fantasia). Se l'argomento in qualche modo Vi (dis)turba, Vi invito a passare oltre, ringraziandoVi per il tempo dedicatomi arrivando a leggere sino a questo punto. Diversamente, Vi auguro una (spero) piacevole, eccitante e divertente lettura.
Grazie a tutti,
HB
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Accolsi con stupore e piacere la notizia della visita della mia famiglia.
Ad eccezione di mia madre, che sentivo almeno una volta al giorno, i contatti con mio padre si erano limitati allo scambio di auguri per le festività. Dato il clima non proprio disteso tra noi, decisi infatti di non approfittare della possibilità di tornare a casa, ma di usare quei momenti per dedicarmi alla meditazione e alla preghiera.
Fu mio fratello ad informarmi con un messaggio: era quello il nostro canale di comunicazione, usato per lo più allo scopo di inviarmi notizie sui nostri amici. Come se l’aver deciso di chiudermi in un’abbazia mi avesse precluso ogni tipo di contatto con il mondo esterno…
Giunsero in una mattina piovosa e piuttosto fredda. Decisero, su insistenza di mamma, di deviare dal percorso che li avrebbe portati a conoscere i probabili futuri suoceri…
A dar loro il benvenuto mi aveva preceduto il priore che stava stringendo calorosamente la mano a mio padre. Il tempo trascorso senza vederlo me lo fece apparire diverso; più affascinante sotto certi aspetti. I capelli scuri erano screziati da qualche filo bianco al pari della barba che incorniciava il suo viso severo dai lineamenti forti. Sotto il cappotto si poteva intuire il fisico asciutto che, tutto sommato, ancora beneficiava degli anni di attività sportiva praticata in gioventù.
“Che bello rivederti… Fatti abbracciare e dare un bacione! – mia madre mi travolse con tutto l’affetto causato da mesi di astinenza – Fatti vedere! Mi sembri dimagrito – era vero! – Ma sei sempre bellissimo!” e concluse annegandomi nelle sue effusioni.
“Fratello…” la voce profonda di Gianluca sembrava quasi canzonatoria. Del resto da lui non potevo aspettarmi niente di diverso! Mi soffermai ad osservarlo: i suoi vivaci occhi nocciola scintillavano su un volto che aveva mutuato molto da quello di papà, eccezion fatta per il colore del pelo che virava su un biondiccio quasi rosso. Ricambiai il suo abbraccio: aveva un buon profumo e mi trascinò in un baleno nel mondo dei ricordi…
“E così è qui che lavori! – pensò mio padre a riportarmi alla realtà. Il suo sarcasmo rasentava quasi la cattiveria pura – No, scusa. Lavorare non è la parola esatta. Del resto non so di preciso cosa sei qui a fare: pregare, aiutare il prossimo…”
“Direi che possiamo accomodarci all’interno. Una tazza di caffè vi aiuterà a ritemprarvi prima di prendere possesso delle vostre stanze…”
“…E a raffreddare gli animi!” sogghignò mio fratello.
Dal momento che si sarebbero fermati una sola notte, il priore contravvenne ad una serie di regole permettendo a me e mio fratello di dormire nella stessa stanza (la mia cella) e ai miei genitori di occuparne una poco distante.
“Come fai a vivere qui dentro?” fu la sua prima domanda dopo che gli chiesi di Laura, la nuova, ennesima fidanzata.
“Ti assicuro che ho tutto lo spazio che mi serve!” gli risposi mentre lo guardavo spogliarsi. Il sentiero di pelo chiaro che disegnava gli addominali saliva verso l’alto dove si apriva a ventaglio in un vello di sottili fili lucidi. Si sfilò i pantaloni: le cosce tornite e pelose si rastremavano in due polpacci sodi.
“Dov’è la doccia?” chiese mentre, voltandomi le spalle, levò i boxer esibendo due glutei alti e splendidamente torniti. Gli indicai la porta socchiusa mentre gli lanciavo una salvietta che si cinse al torace. Quando se la levò, attraverso lo specchio completai il giro panoramico del suo corpo: la banana che gli pendeva tra le gambe sbucando dal cespuglio rasato del pube non la ricordavo tanto lunga… Del resto avevo rimosso di avere un semidio per fratello!
Uscii dalla stanza vagamente turbato dirigendomi al mio lavoro quotidiano che svolsi in stato catatonico.
Rividi la mia famiglia solo a pranzo e solo per un breve momento. A cena riuscii a concedermi per un tempo decisamente più lungo. Mamma mi travolse con l’entusiastico diario di quella giornata, mio padre sprofondò nella poltrona del salone assorto nella lettura del suo quotidiano sportivo e mio fratello s’intratteneva con alcuni dei confratelli lanciandomi occhiate divertite.
“…Immagino che dovrai andare a letto presto! - concluse mia madre sbadigliando – E anche noi siamo stanchi! E poi domani ci attende il resto del viaggio!”
“A che ora intendete partire?”
“In tarda mattinata, se non dopo pranzo. Lascerò decidere a tuo padre!” e salutandoci ci ritirammo.
Se per me fu una notte breve, per mio fratello fu oltremodo agitata: lo sentii rigirarsi ripetutamente nel letto imprecando. Uscii all’alba per il mattutino: il cielo era scuro; tuttavia una luna stranamente splendente illuminava i peli della barba di un viso che finalmente aveva trovato un po’ di quiete. Socchiusi le imposte per lasciarlo riposare.
Tornai che dormiva ancora. Mi spogliai per infilarmi nella doccia.
Mentre m’insaponavo il getto d’acqua calda mi ritemprava dal freddo patito in chiesa. Arrivai presto a massaggiarmi la zona pubica. Quella mattina non dovetti smanettarmi alla ricerca del piacere: il mio cazzo era dritto come un chiodo e più duro del solito. Presi a masturbarmi facendo attenzione a non fare troppo rumore, lasciando vagare i miei pensieri avvolto nel vapore caldo che saliva.

Ritornai ad una calda sera d’estate… Ad un coritle…

Quando mi accorsi della presenza di mio fratello mi voltai di scatto verso il muro; afferrai l’asciugamano e uscii di corsa fingendo indifferenza.
I nostri sguardi si incontrarono in un silenzio imbarazzato.
“Ho visto che ti stavi segando” commentò tranquillamente; la sua espressione non tradiva i suoi pensieri. Si limitò ad appoggiarsi al piano del lavandino. La banana che gli pendeva moscia tra le cosce il giorno prima, ora si era messa di traverso disegnando la sua ampia sagoma nella stoffa dello striminzito paio di slip che la coprivano. Un alone giallastro si stava diffondendo ad un’estremità.
Arrossii. Deglutii spaventato più da quello che passava per la mia di testa, che da ciò che sarebbe potuto accadere.
“Io… Io...” non riuscivo a parlare.
Ancora una volta fu lui a prendere l’iniziativa, per nulla intimidito: la sua mano scivolò sulla spugna che mi copriva: “Non fermarti! Voglio vedere come va a finire…” sogghignò strofinandomi l’inguine mentre lo guardavo incredulo. Nervoso ma intrigato mi scoprii, lasciando che il mio bastone si ergesse alto e forte per mostrarsi a lui completamente.
“Wow! – esclamò Gianluca divertito inginocchiandosi al suo cospetto - Non ricordavo che avessi un così bel cazzone!” I suoi occhi lo percorsero per tutta la sua lunghezza; infine lo afferrò circondandolo con due dita per valutarne il diametro.
“Sei davvero ben messo!” concluse. Gemetti irrigidendomi.
Sollevò lo sguardo incontrando il mio: dentro ci lesse tutto il desiderio e la lussuria che ne trapelavano. I miei occhi si spostarono sul suo cavallo, attratti da quel gonfiore nelle mutande.
“Ti ricordi il mio? – domandò maliziosamente rialzandosi - O è passato troppo tempo?”
Tacqui.
“Allora!?” mi incalzò sfiorando i miei pettorali con i suoi, le mie labbra alle sue. Il suo respiro si mischiava al mio…
Fu un attimo: mi afferrò per la nuca iniziando a baciarmi furiosamente. Le nostre lingue roteavano nell’altrui gola infilandoci saliva calda e reclamando quel momento tanto sospirato: non potevamo fare a meno l’uno dell’altro.
Le mie mani scivolarono lungo i suoi fianchi. Trovarono l’elastico degli slip e li abbassarono velocemente: le nostre due erezioni premevano una contro l’altra.
“Mmmm… Sei già tutto bagnato!” biascicò continuando a limonarmi.

E prepotente salì alla mente il ricordo di quella sera d’estate, quando quattro ragazzini si abbassavano i pantaloni sotto il lampione del cortile per mostrarsi orgogliosi i primi peli che crescevano e le rispettive erezioni, scherzando sulle altrui dimensioni…

Lo sollevai sopra sul ripiano di marmo: “Sdraiati e apri le gambe! Voglio leccarti il culo!”
Obbedì divertito. Le mie mani gli allargarono le natiche. Ammirai il suo buco stretto adorno di pelo chiaro. La corona contraendosi, sembrava voler richiamare la mia attenzione. La mia lingua s’insinuò nel solco caldo e irsuto delle chiappe, immediatamente lì. Ci girò attorno strappando a mio fratello lamenti di piacere; poi riprese la strada verso l’alto. Percorse l’asta bagnata fino ad arrivare in cima, appiccicando le labbra alla cappella rossa.
Gianluca iniziò a picchiarmela contro la bocca.
“Succhiamelo cagna! Cosa aspetti? Slingualo… Bagnalo per bene che poi ti sbatto come la troia che sei!” me lo infilai fino ad ingoiarlo tutto procurandomi un conato. Assaporai il gusto dei suoi umori misti alla sua saliva che colavano lungo il mio corpo. Li feci assaggiare anche a lui con un bacio mentre lo masturbavo.

Tornai con la mente alla sera del nostro primo concerto. A quando, quattro amici ormai cresciuti e freschi di patente, si fermarono a pisciare ai bordi della statale… Li esaminammo ancora una volta. Con occhi diversi, con labbra umettate. Le mani si mossero rapidamente ciascuno sul pacco dell’altro sostenendolo nella minzione. Non ci guardammo mai: un po’ per paura, un po’ per pudore. Poi restammo lì. A segarci l’un l’altro dietro al guardrail

Tornai a lavorarlo di lingua mentre con le dita lambivo l’anellino che rapidamente cedeva sotto la pressione dei polpastrelli. Mi guardava godendo; sorrise soddisfatto appoggiandosi sui gomiti per rimettersi in piedi. Ci baciammo ancora una volta prima che mi facesse voltare piegandomi verso il lavabo.

Fu come quel pomeriggio… L’ano lubrificato con la crema della mamma perché non c’era altro in casa…

“Aaaahhh… - Il suo uccello affondò nelle mie viscere come una lama nel burro – Mmmm…”
“Ti piace, eh!? – m’incalzò - Da quanto non ne prendevi uno così grosso, eh!? Da parecchio da quanto lo vuoi…”

Aveva ragione in effetti… L’ultima volta era stato… Era stato…

“Papaaahhh…” lo vidi attraverso lo specchio mentre Gianluca iniziò a muoversi. Lentamente.
E lui era lì ad osservarci. Nudo e con l’uccello in tiro
“E brave le mie maialone che si divertono senza avvertirmi!” il ritmo della scopata iniziò a crescere. Mio fratello sbuffava come una locomotiva. Io reclinai il capo godendo di quel ben di dio che graffiava contro la prostata, dei suoi gemiti e dello schiocco delle sue cosce contro il mio culetto. Avrei voluto non smettesse mai… Mai!

Fu così anche con te papà, quel pomeriggio dopo il mio primo esame all’università. Quando, soli in casa, dopo aver finto di rovesciarmi addosso lo spumante che stavamo bevendo, ci ritrovammo nudi in bagno a festeggiare in altro modo il mio 30 e lode…

Le spinte si susseguirono sempre più violente. Stava arrivando alla fine della corsa: “Sborragli nel culo!” lo incitò e mio fratello non si fece pregare. Mi scaricò nelle viscere tutta la calda crema che il piccolo orifizio eruttava. Lo estrasse spalmando ciò che ancora aveva da darmi tra le pieghe dell’ano e poi lo rinfilò deciso.
“Aaaahhh… Restami dentro…” assentì con un lungo bacio appassionato prima di accasciarsi sul mio petto.
“Ora ci sei tu da soddisfare…” mi sussurrò.
In un attimo fu in piedi e poi sdraiato su quel benedetto ripiano di nuovo a gambe spalancate.
“Scopami… Scopami tu adesso! Voglio sentirti dentro di me!”
Avvicinai la cappella a quel fiore che stavo per cogliere. Lasciai cadere sulla mia asta quanta più saliva potei cercando di spargerla per tutta la lunghezza. Accarezzai il suo cazzo moscio ma ancora bagnato per raccogliere un po’ del suo seme caldo prima che si rapprendesse e finii di lubrificarmi.
Mio padre ci osservava. Il suo cazzo era viola e lucido come una prugna. La sua mano lavorava inesorabile: non so per quanto avrebbe resistito ancora prima di venire.
“Come… Come sei stretto… - gli sorrisi dolcemente mentre forzavo il suo buco con una certa difficoltà - …Non pensavo…”
“Papà non è stato così generoso come con te… Aaaahhhh…” mi fermai lasciando che si abituasse alla mia presenza. Tuttavia non rimasi inoperoso e cominciai a menarglielo mentre qualcuno stava lavorando tra le mie chiappe.
“Lasciala colare lentamente! – mio padre beveva il seme con cui mio fratello mi aveva appena riempito – Prima che si rapprenda… Mmm…”
Presi a dondolarmi tra la punta della lingua di papà che leccava il mio culo e il buco che stavo tappando a mio fratello. Mi chinai a baciarlo. Le gocce del mio sudore si mischiarono alle sue. Mi sorrise dolcemente: “Più forte… Scopami più forte! Voglio sentirlo tutto… Non vogliooohhh… Perderne nemmeno un centimetrooohhh…” fu a quel punto che mi aggrappai ai suoi pettorali scolpiti: lasciavo uscire l’asta quasi completamente per poi rituffarla negli intestini di Gianluca con tutta la forza che la spinta di bacino mi consentiva. E a lui piaceva. Piaceva al punto che cominciò ad urlare. Fui costretto a tappargli la bocca per evitare che nelle celle vicine qualcuno potesse sentire (mamma per prima) e, in quella posizione, impressi alla fottuta un ritmo delirante.
Ci misi poco a venire: il desiderio sopito fino a quel momento non si era placato né nella doccia con il priore e nemmeno sulla panca della lavanderia. Aspettava questo momento. Il momento in cui scaricai dentro a mio fratello tutto il piacere che mesi di astinenza avevano generato. Ansimai appoggiandomi contro il muro mentre papà riservava alla sua fessura grondante lo stesso trattamento riservato a me poco prima.
Poi toccò a lui di essere soddisfatto. Ci inginocchiammo ai lati del suo cazzo e con poche lappate lo facemmo eiaculare sui nostri visi, litigandoci con la lingua ogni goccia di seme…

“Spero che tornerai presto a casa…” una lacrima solcò il viso di mamma.
“Vedremo. Ne parlerò al priore e sarà lui a decidere! Ora sbrigatevi o non arriverete a destinazione per sera!”
“E chi la sente poi tua nuora!” mi rincalzò Gianluca.
Li vidi allontanarsi nello strano tepore di un pomeriggio invernale. Quando sparirono all’orizzonte osservai la mia mano: sentivo ancora il calore con cui mio padre l’aveva stretta prima di mettersi al volante.
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