Gay & Bisex

Leo 2.0


di honeybear
18.08.2015    |    7.192    |    6 7.9
"Sussultai e la scopata riprese furiosa, ritmicamente interrotta dai perni che, per ‘distarmi’, mi applicava al cazzo..."
Il mio uccello non era mai stato così duro.
Non ci badai… Dove mi trovavo esattamente?
Mi sembrava di essere sospeso sopra una specie di imbragatura in cuoio appesa in qualche modo al soffitto.
‘Catene…’ pensai.
Provai a muovermi senza riuscirvi: i miei polsi e le caviglie erano infatti bloccati da un cinturino di cuoio fissato appunto alle catene che sorreggevano l’impalacatura.
“Si chiama sling… - tuonò, immaginando che mi stessi chiedendo cosa stesse avvenendo di me - …Sai che nessuna spiegazione ti è comunque dovuta!” aggiunse poi severamente.
Annuii.
Gli occhi completamente chiusi per favorire la concentrazione. Se anche li avessi aperti, avrei visto solo il tessuto bianco del suo jockstrap che aveva preso il posto della mascherina nera con cui mi aveva condotto nella ‘stanza dei giochi’, come l’aveva definita.
Dopo averlo indossato per una giornata intera, impregnandolo per bene del suo odore e dei suoi umori, lo usò per coprirmi la faccia, così da lasciarmi respirare profondamente l’afrore intenso che emanava.
Tutto quello che potei vedere era una striscia di tessuto bianco. Se infine avessi allungato la lingua, l’avrei leccato, cosa che provai inutilmente a fare per tutto il tempo che mi lasciò lì. Ad aspettare.
Non saprei dire quanto tempo fosse passato da che mi legò a quel modo: l’unica certezza era di essermi perso nel suo odore, come lui pretese.
Fatta eccezione per il suo jock sulla faccia, ero completamente nudo come mi aveva comandato.
Tornavo alla realtà solo quando sentivo strofinargli la cappella sul tessuto all’altezza delle labbra. Percepivo il suo membro indurirsi mentre me lo passava sulle labbra ‘imbavagliate’. Solo a quel punto si spostava ai piedi dello sling per impalarmi senza troppi complimenti. Lo sentivo scorrere dentro di me; il solleticare dei peli e lo schiocco della sue palle contro i miei glutei annunciava il fine corsa. Una sequenza di colpi lenti, cui si succedevano colpi veloci. Frenetici.
Ansimavo mugolando; mentre provavo a regolarizzare il respiro sulla base di quelle spinte, lo pregai affinché mi levasse la gabbia che imprigionava il mio uccello grondante di liquido prespermatico.
Non mi rispose. Lo pregai di nuovo.
“No”
“La prego Signore…” supplicai nuovamente. Lo tormentai con quella richiesta fino a che non mi spinse due dita in bocca per poi infilarmi il jock in gola, al fine di farmi tacere. Per un istante che parve infinito, mi sentii prima accecare, per la vista riacquistata, ed immediatamente dopo, soffocare. Quando sfilò il suo manganello, temendo le conseguenze, non riformulai la richiesta. Lasciai che il mio cazzo, chiuso nella sua prigione, continuasse a pulsare freneticamente per l’irrorazione sanguigna, l'eccitazione e la paura di non sapere cosa aspettarmi da lui.
Le spinte non cessarono al termine dell’ormai reiterata sequenza.
Stavolta, dopo essersi sfilato, lo sentii mantenermi aperto il culo con le dita per non dare alla mia rosellina il tempo di chiudersi troppo velocemente.
Una, due. Tre dita vorticavano nel mio sfintere.
“Mmm… Se solo fossi pronto, potrei anche fistarti…” mi schernì.
Trasalii. Sentivo il liquido prespermatico colare lungo la cappella giù giù fino al perineo.
Puntò invece il buco con la cappella ancora umida del mio brodo e mi penetrò con tutta la forza che riuscì ad imprimersi. Iniziò così a scoparmi animato dalla foga che il desiderio di possesso gli dava, unita all’eccitazione di spingere quel gioco verso il suo limite estremo: l’orgasmo di entrambi.
Da parte mia, sapevo di non avere il permesso venire. Sebbene non fosse dichiarato, necessitavo del suo consenso prima farlo. E naturalmente, nessuno dei due voleva che ciò accadesse: la partita si sarebbe conclusa troppo velocemente… E chissà con quali conseguenze per me!!
Il mio evidente stato di eccitazione spinse il gioco ad un livello superiore: da una parte la mia necessità biologica, dall’altra la sua rinuncia a non perdere il mio appetito sessuale: il rischio, una volta sborrato, era che non fossi più in grado di essere usato per il suo appagamento come lui esigeva.
E lui, perfettamente consapevole della dura battaglia che stavo combattendo contro la mia libido, apprezzò i miei sforzi: sapeva di poter arrivare a scoparmi fino al limite dell’eiaculazione. Godeva nel raggiungere quel limite e godeva altrettanto nel vedermi ancora sessualmente attivo, desideroso di mungere il suo uccello con il mio buchetto fino a pregarlo di sborrarmi in culo perché incapace di trattenerlo oltre.
Solo che quel limite veniva spostato dopo ogni pausa. Era l’attesa a sfinirmi e diventava sempre più difficile resistere. Inizialmente pensai che fosse praticamente impossibile. Invece, del tutto inaspettatamente (ed inconsciamente credo), riuscii ad elaborare un metodo che mi permettesse di godere appieno di quei momenti. E, soprattutto, di far godere il mio Padrone.
Lasciai la mia mente completamente rilassata, libera di spaziare, senza tuttavia perdermi la libido che la presenza del mio Signore dentro di me, mi dava…
Così mi trovai a pensare ancora una volta che, prima di quell’incontro, gli unici contatti tra noi si verificarono via sms o via mail. Mi fece creare un apposito indirizzo di posta elettronica dove inviarmi le direttive necessarie a giungere adeguatamente preparato a quella che lui definì la mia ‘marchiatura’...
Si arrestò all’improvviso. Così come io mi ero allontanato.
“Lo senti?”
Quelle parole mi riportarono definitivamente lì con lui: appoggiato al bordo dello sling con il suo uccello ben piantato nelle mie viscere.
"Sentire cosa, signore?" ansimai.
"Il mio cazzo, schiavo. Lo senti?"
"Oh, sì, Signore... Tutto… Tutto dentro di me, Signore. Ed è... È incredibile!" risposi, senza bisogno di pensarci, perché era innegabilmente vero.
"Ne sono sicuro. Ed è diverso vero?"
Non risposi. Non subito: non sapevo con precisione cosa intendesse con quelle parole. In fondo la prima scopata con un uomo fu quella nel deposito del centro medico. E, come allora, mi sarebbe piaciuto soffermarmi sulla valanga di emozioni che mi stavano travolgendo come avvenne a suo tempo… Ma non ne ebbi il tempo.
Riuscii solo a bisbigliare: “Oh dio… Sì, signore… Credo di sì…"
Non si dimostrò né sorpreso, né compiaciuto delle mie parole. Semplicemente riprese a scoparmi il culo allo stesso ritmo forsennato. Sotto i suoi colpi, il mio cazzo, che ora svettava libero dalla sua prigione, si fece nuovamente di marmo.
Gemetti e mi lamentai. Nessuna reazione da parte del Padrone se non quella di infilarmi per l’ennesima volta il suo jock in gola. Ondeggiai con la testa per cercare di evitare il supplizio, ma la sua mano mi afferrò i capelli, strattonandomi con forza.
Serrandomi saldamente la mascella, con la mano libera, avvicinò un lembo dell’indumento alle labbra che serrai con ostinazione.
Le sue dita presero a scorrere cercando il punto da forzare. Non lo trovarono.
Lui sorrise.
Si sfilò giusto il tempo per ripulirsi la mazza nel jock e, nel momento esatto in cui un colpo deciso m’impalo, spalancai la bocca così da lasciar passare quanta più stoffa riuscì ad infilare.
Un forte senso di nausea mi colse. La vista si offuscò brevemente. Sentivo le lacrime solcarmi le guance; provai a distrarre la mia mente, concentrandola sulle sensazioni che il trovarmi in quella situazione, mi stava provocando.
Fu un errore madornale!
La potenza delle spinte con cui il suo cazzo mi spaccava il culo, mi facevano sobbalzare. Sentivo il mio corpo inarcarsi ogni volta che quell’enorme pistone arrivava a fine corsa per scivolare via velocemente e, subito, tornare a squassarmi le budella spanandomi senza sosta. A quel trattamento il mio cazzo non smetteva di pulsare e la necessità di masturbarmi era fortissima.
Scossi con violenza i lacci che m’imprigionavano le braccia e le gambe: ero completamente immobilizzato.
Grondavo sudore. Mi sentivo soffocare e non potevo nemmeno urlare tutto il mio piacere. O il mio dolore. Potevo solo assecondare quell’altalena che spingeva il mio corpo avanti e indietro ogniqualvolta la mazza dura entrava o usciva dal mio buchetto.
Il Padrone mi scrutava. Continuamente. Ancora una volta, sapevamo perfettamente quale fosse la priorità: che non superassi il limite del non ritorno.
Fu allora che mi sfilò il jock di bocca.
Fu allora che sentii quel pizzico molesto sulla pelle tesa del mio uccello.
"Oh Dio, Signore! – gridai ansimando - Oh! Ouch!" sgranai gli occhi. Lui sorrise e mi lasciò sfogare rimanendo sempre dentro di me.
“Si chiamano perni…” si limitò a commentare mentre sollevò dinnanzi al mio sguardo qualcosa che somigliava ad una delle mollette che mia madre usa per stendere il bucato.
Il respiro tornò lentamente a normalizzarsi La mia mente si calmò: il dolore che sentivo nelle parti basse era la ‘distrazione’ di cui necessitavo.
Il suo cazzo riprese a pomparmi. Il suo sguardo mi scrutava mentre mi afferravo disperatamente alle catene, soffocando le grida nella maschera bianche che tornò ad applicarmi.
Lui già lo sapeva, ed io lo imparai presto che il dolore dei perni avrebbe sortito un duplice effetto su di me. Lo shock improvviso della molletta, si limitò solo a rallentare il mio imminente orgasmo. Quell’insopportabile fastidio, unito alla stretta tenace ed al senso di costrizione dei lacci, alimentarono infatti disperatamente il desiderio di espellere tutta quella sborra che sentivo accumularsi dentro di me.
Ero esausto. Forse lui lo capì ed, impietositosi, si fermò ancora una volta.
Pura illusione la mia: la sosta fu semplicemente dettata dal fatto che aggiunse un secondo perno al mio fusto rubizzo. Ed un paio arpionarono i miei coglioni.
"Cazzo Signore… - il respiro tornò a farsi affannato. Deglutii – Fa… Fa male!" non riuscii a trattenermi dall’imprecare e gridare, ben sapendo che la punizione sarebbe stata un schiaffo che prontamente raggiunse la mia guancia.
“Ed ora se hai finito…” replicò secco mentre i suoi coglioni pelosi per l’ennesima volta andarono a sbattere sulle mie chiappe sudate. Sussultai e la scopata riprese furiosa, ritmicamente interrotta dai perni che, per ‘distarmi’, mi applicava al cazzo. Fino a che, trionfante, ruggì “Ragazzo, sto per venirti dentro!”
Levò il jock dal mio viso. Lo guardai ad occhi spalancati. Tutto quel piacere, quel dolore, quelle strane sensazioni di lì a poco avrebbero lasciato nuovamente il posto alla tranquillità. Si sarebbe dunque levato dal mio buchetto per inondarmi il viso ed il torace del suo seme bollente.
Deglutii e reclinai il capo. Non prima di sentirlo bisbigliare: “Ti piacerà ragazzo, vedrai…”
Un urlo animalesco si sovrappose ai nostri sospiri. Le sue mani appoggiate alla nuca mentre con il solo bacino, vibrava gli ultimi violentissimi colpi agitando lo sling come una vela in balia del vento. Si stava svuotando dentro di me. Completamente. Senza il mio consenso. Senza chiedere il permesso… Com’era nei nostri patti del resto: mi stava allevando come suo schiavo. Non avevo voce in capitolo. Nessuna!
Il suo respiro tornò a farsi normale. Rimasi in attesa.
Le mie palle ed il mio uccello mi dolevano: le pinze che, applicate sulla mia asta, erano servite a rallentare il mio piacere, prolungando e mantenendo la mia erezione, mi procuravano ora solo un sano ed indicibile dolore.
Aspettai paziente che arrivasse anche il mio turno per godere. Si sfilò e subito mi levò definitivamente il jock dal viso per gettarlo a terra. Mi sorrise, limitandosi a commentare: “Bravo ragazzo!”
Riuscii ad abbassare lo sguardo e trovai la sorpresa!
Per tutto il tempo mi scopò indossando un preservativo.
Sorrise mentre se lo sfilava con cura per rovesciarne completamente il contenuto, raccolto nel serbatoio, direttamente sulla mia asta sempre più umida e adorna di perni.
La sua sborra divenne il lubrificante con cui iniziò lentamente a masturbarmi. Il passaggio della mano sulla carne liscia, fece saltare una alla volta, le mollette che erano attaccate alla mia asta. Il dolore che provai fu acuto e straziante, ma al tempo stesso, tornò ad affacciarsi quella sensazione di intenso piacere…
"Oh, per favore, Signore!" urlai, ma non avevo più bisogno del suo aiuto. Si limitò semplicemente a continuare ad accarezzarmi l’uccello che schizzò il suo carico di sborra fin sul mio viso e nella mia bocca aperta.
Lui prontamente la baciò, mentre gli sentii sciogliere i lacci che m’imprigionavano.
Mi fece inginocchiare obbligandomi a ripulirlo fino all’ultima goccia di sborra per poi condurmi docilmente fuori dalla stanza dei giochi.
Dopo una doccia bollente, ottenni il permesso di potermi coricare al suo fianco per dormire stretto nel suo caldo abbraccio.
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