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Dolcetto o scherzetto?


di honeybear
31.10.2018    |    17.107    |    5 9.4
"L’attività durava una decina di minuti circa: quando il sudore cominciava ad imperlare la sua pelle, la canotta umida aderiva agli enormi pettorali disegnando..."
Credo che il signor Marco, mio vicino di casa, stesse facendo di tutto per provocarmi...
Sapeva perfettamente che dalle finestre della mia camera potevo vedere ciò che combinava laggiù... E quale effetto poteva avere su di una giovane troietta in calore!
Ogni mattina, prima di andare al lavoro, si allenava nella piccola palestra allestita nel suo seminterrato, mentre moglie e figli facevano colazione al piano di sopra.
Non si era mai spinto a guardare nella mia direzione il furbacchione, ma ogni cosa lasciava intendere che lo spettacolo mattutino fosse a mio beneficio. E che spettacolo!
La corsa sul tapis roulant era il primo atto. Si presentava in canotta e pantaloncini sgambati. L’attività durava una decina di minuti circa: quando il sudore cominciava ad imperlare la sua pelle, la canotta umida aderiva agli enormi pettorali disegnando i capezzoli duri nella stoffa bagnata. Al culmine dello sforzo fisico, madido di sudore, se la levava lanciandola sul pavimento.
Anche i pantaloncini facevano il loro porco lavoro, rivelando la protuberanza che le sue cosce spingevano avanti ad ogni falcata.
Con il sudore che gli colava lungo il busto marmoreo perdendosi tra i peli scuri del petto, il signor Marco scendeva dall’attrezzo per fare un po’ di stretching.
Era quello il culmine dell’affronto nei miei riguardi: darmi le spalle per sfilarsi i pantaloncini. Si aggiustava l’elastico del jockstrap per esibire al meglio i cocchi pelosi per poi voltarsi e sistemare la banana sul davanti prima di sdraiarsi sulla panca a sollevare pesi o scolpire ulteriormente gli addominali.
Sapevo che lo faceva solo per stuzzicarmi… E ci riusciva perfettamente cazzo!
Con le gambe divaricate e le ginocchia puntate direttamente alla mia finestra, certamente stava sognando l’effetto che le mie labbra, infilate tra le sue cosce, avrebbero potuto sortire. E l’esile striscia di cotone che imprigionava l’asta, pronta a sollevarsi allo stesso ritmo della pompata di braccia, doveva pensarla come lui!
Chissà con quale forza la cappella aveva spinto per riuscire a fare capolino e augurarmi il buongiorno!
Nudo, seduto sul mio letto, osservavo quel gran figo del padre del mio migliore amico, dare spettacolo, massaggiandomi incessantemente il cazzo dolorante.
Il secondo atto ebbi sempre e solo modo di immaginarlo…
Terminato l’allenamento infatti, spariva nella doccia della lavanderia…
L’ultima cosa che mi era dato vedere era la sua mano che, dalla fessura lasciata aperta, gettava il jockstrap a terra insieme al resto degli indumenti.
Non so chi passasse a raccoglierla… So solo che avrei invidiato quella persona per il resto della mia vita: l’idea di potermi passare tra le mani e annusare quegli indumenti, pregni del suo odore di maschio, mi portavano all’orgasmo.
Forse era Ste, suo figlio, prima di raggiungerlo in doccia…
Già, perché i giorni più eroticamente tormentosi erano quelli in cui quello sciagurato del mio amico scendeva a sua volta a prepararsi. Una di quella mattine aveva indosso uno striminzito paio di slip. Suo padre si era da poco defilato e lui lo raggiunse in un attimo. Uscirono sorridenti, cingendosi le spalle.
Spiai livido di rabbia i loro gesti mentre giocavano a spintonarsi: a volte le labbra arrivavano a tanto così dallo sfiorarsi. E che dire dei fianchi fasciati da quegli asciugamani che proprio non ne volevano sapere di cadere, stante il continuo sfregamento…
In quei momenti, avrei potuto sborrare senza nemmeno toccarmi. E qualche volta lo feci davvero…
Non so perché il mio vicino giocasse con i miei sentimenti in quel modo, divertendosi a tormentare quotidianamente il mio giovano cazzo da lontano.
Sapeva che lo volevo…
Sapeva che avrei dato qualsiasi cosa per entrare in quella maledetta lavanderia per prendermi cura di ogni sua esigenza!
Tutto ciò che doveva fare era alzare gli occhi alla mia finestra, farmi un cenno ed io sarei corso verso il paradiso.
Passai mesi di disperazione e desiderio repressi nell’attesa di un momento che ormai sapevo prossimo ma che, per futili motivi, non arrivava mai. L’unica consolazione, nei momenti più bui, era spiare i miei compagni nello spogliatoio durante l’ora di motoria. Tra loro anche Ste, che mi sembrava equipaggiato quanto il genitore.
L’ennesima ghiotta occasione si presentò ad Halloween.
Mamma stava parlando con la signora Marco per organizzare il giro di ‘Dolcetto o Scherzetto’ dei ragazzi del quartiere. Decisero che saremmo stati io e Ste ad occuparcene, visto che ormai eravamo i più grandi del gruppo.
Sorrisi… Solo un anno prima mi sarei sotterrato piuttosto che portare a spasso un esercito di mocciosi urlanti e piagnucolosi.
Ma quest’anno…
Sorrisi di nuovo guardandomi le chiappe alte e sode allo specchio mentre mi colavo nel costume di Spiderman che avevo disseppellito dall’armadio.
Ero felice di essere cresciuto tanto nell’arco di dodici mesi: il tessuto che mi copriva era così aderente da rivelare ogni singolo dettaglio della mia silhouette. Il signor Marco non avrebbe potuto non notare un pacco così prominente ma soprattutto, un culetto così invitante e arrapato!
Il resto sarebbe stato facile: liquidati i bambocci con una congrua ricompensa di cioccolatini e gomme da masticare; messi a letto Ste e i fratelli, il tempo che rimaneva sarebbe stato solo nostro…
Nonostante l’adrenalina a mille, nel pomeriggio mi parve addirittura di aver schiacciato un pisolino. Meglio così! Dovevo essere in splendida forma per sedurre un dio!
Puntuale mi presentai davanti alla casa di Ste per le 19.00.
Mi aspettava insieme ad altri nostri compagni e al gruppetto di poppanti che, tempo due ore, avremmo restituito alle famiglie con tanti saluti.
“Da cosa ti sei travestito? Da Spider-pervertito?” l’allusione era al cappotto usato per coprire l’erezione che, la libido per l’imminente seduta di sesso, non ero riuscito a placare.
“Ha parlato Bulimic-man - risposi sarcastico al ciccione vestito da Superman – Gonfio come sei non devi nemmeno aprire il mantello per volare! Rotoli direttamente addosso al nemico!”
Stavamo per andare a botte, ma Ste intervenne: “Finitela! Diamoci una mossa così liquidiamo in fretta la faccenda anche qui! – strizzandomi l’occhio, indicò con un cenno la marmaglia – E poi potremo andare a festeggiare come piace a noi!” altra strizzatina.
A me sarebbe piaciuto un unico e solo modo in effetti, ma stetti al gioco!
Il giro mi parve interminabile, ma alle 21.00 restituimmo l’ultimo dei ragazzini ai genitori.
“Ci vediamo tra poco in pizzeria!” così ci congedammo dagli altri per riportare anche le nostre sorelline al nido.
"Cazzo! - esclamai aprendo la borsa - Guarda quante porcherie… Non riusciremo mai a mangiare tutto… Lunedì ne porteremo un po’ a scuola!”
“Parla per te! Tanto per cominciare dividiamo!” eravamo sul retro della casa dei Marco. Entrammo e solo a quel punto notai che anche lui indossava un cappotto lungo quanto il mio…
Mentre lo appendeva i miei occhi puntarono lì! Se possibile, il suo costume era anche più attillato del mio: riuscivo a distinguere perfettamente la forma del suo uccello; addirittura la sagoma della cappella.
Arrossii.
“Forza! – sembrò non badare al mio imbarazzo – Levati di dosso quel sacco o morirai di caldo!”
Esitai ed infine ubbidii pregando che sua madre non fosse in casa, ma al contempo che vi fosse invece il padre.
Quando mi voltai anche i suoi occhi si incollarono là dov’erano tornati i miei.
Risultato: due cazzi pulsanti, prigionieri e imbarazzati.
"Mamma! Mamma! – pensarono le due pesti a rompere l’imbarazzo – Guarda quante cose ci hanno dato…” e scomparvero in cucina. Noi, silenziosamente, scivolammo al piano inferiore. Direttamente nel santuario dove il mio eroe lavorava ogni mattina.
Chiusi gli occhi respirando profondamente. Mi parve che le narici si inebriassero dell’aroma di maschio che impregnava l’aria. Non me lo stavo immaginando!
"Cosa combinate ragazzi?" chiese una voce dolce e profonda.
Riaprii gli occhi e lo vidi: il signor Marco era accanto a me in pantaloncini e con il solo asciugamano sulle spalle. Nella penombra della stanza, il pelo liscio del petto scintillava del suo sudore.
"Stiamo dividendo il bottino della serata papà!" rispose Ste.
"Per la miseria, mi sembra abbiate fatto buona caccia… – commentò sorridendo maliziosamente e piantandomi in faccia i suoi occhi verdi - ...Certo, io alla vostra età non potevo cogliere simili opportunità di divertimento…"
Si avvicinò a controllare i dolcetti ammassati sul bancone, e non solo. I suoi occhi si abbassarono là dove i nostri ancora faticavano a staccarsi…
"Ragazzi non sarete usciti combinati in quel modo? – indicò le rispettive patte e scoppiò in una fragorosa risata - Scommetto che lo scherzetto l’avete fatto voi alle ragazze! Altro che dolcetto…"
"No papà, avevamo i giubbetti. Fa freddo stasera!”
"Hmm… Ne riparleremo dopo! Ora salite. A giudicare dal profumo, direi che mamma ha preparato uno spuntino per tutti! Io vi raggiungo dopo essermi dato una rinfrescata! O dovete uscire?” chiese, mentre spariva dietro la porta della lavanderia.
“Non necessariamente! - guardai il mio amico allibito. Lo sentii gridare – Mamma, saliamo tra poco!”
In realtà fu lei a scendere insieme alla mia ad annunciarci che avrebbero accompagnato le nostre sorelline ad una festicciola a casa di una compagna di scuola. Avevano lasciato della pizza calda nel forno.
In cuor mio sperai che nessuna di loro ci avesse visti in quelle condizioni… Avrei voluto sprofondare dalla vergogna. Anche se in realtà quello caldo per la strana piega che stava prendendo la serata ero io!
"Stai bene?" bisbigliò Ste sorridendo. La sua mano massaggiava la mia erezione ormai più che evidente. Un alone si stava allargando a vista d’occhio proprio al centro sulla stoffa umida.
"Cosa... Cosa stai facendo?" chiesi ormai completamente inebetito dalla situazione.
"Non ti piace?"
"Sì, ma tuo padre è dietro quella porta!"
"Tranquillo… Non gli dispiacerà!" mi rassicurò.
“Dai, spogliati…” m’invitò ad imitarlo. Il suo bastone si rizzò maestoso e palpitante – Vedi. Anch’io sono eccitato come te. E come te ho voglia di…”
In quella entrò suo padre. Ci squadrò da cima a fondo senza dire una parola. Si limitò semplicemente ad accarezzarsi il mento irsuto.
“Fa’ come ti dice Ste… - il tono era dolce - Togliti quel costume…”
Ero come ipnotizzato. Dalla voce e dal manganello che spuntava dalle pieghe dell’asciugamano arrotolato attorno a quei fianchi. Non potevo fare altro che assecondare la richiesta. In fondo era il desiderio che avevo inseguito fino a quel momento… Il mio uccello stava martellando così tanto da farmi male. Dovevo solo trovare il coraggio di abbassare la lampo sulla schiena...
Degluitii.
Finalmente mi decisi.
Subito Ste s’inginocchiò ai miei piedi, facendo scomparire il salsicciotto nelle profondità della sua gola. Lo sentii sbuffare tra i peli del mio pube ed emettere strani suoni gutturali. Le mie ginocchia tremavano: strinsi forte la sua testa tra le mie cosce per evitare di cadere.
Suo padre si mosse lentamente in direzione della panca per sedervisi. Non si era completamente asciugato e le gocce d’acqua riverberavano la pallida luce delle candele nelle zucche scavate per la festa.
Aprì l’asciugamano. Lo sfregò sulla schiena, lo fece scorrere sul petto e poi lungo le gambe muscolose. Fu solo a quel punto che si sdraiò: un palo di carne puntava ora dritto al soffitto.
"Vieni qui, Ste. Mostra al tuo amico quanto del cazzo di papà riesci ad ingoiare!"
Con un sorriso malizioso il mio amico si sfilò da me per ubbidire alla richiesta paterna.
Mi mossi insieme a lui. Ci trovammo uno di fronte all’altro. Lui con un altro bigolo in bocca per metà, io imbambolato ad osservare la scena, come se non fossi lì…
Le sue labbra lavoravano costanti e instancabili l’asta del padre fino a perdersi nella folta peluria che saliva verso l’addome contratto. I gemiti di piacere si mischiavano ai conati di saliva.
"Pensi di poterlo fare anche tu? – mi chiese - Mi piacerebbe sentire la mia cappella tapparti la gola. E da come stai sbavando credo che nemmeno a te dispiacerebbe l’esperienza…”
Ansimai annuendo.
"Allora, che dici? Facciamo un po’ di pratica?" insistette il signor Marco mentre Ste continuava a lappare.
"Sì" sussurrai inginocchiandomi.
Ste sollevò la testa. Il pene grondava saliva da cima a fondo; lo afferrò alla radice facendolo oscillare davanti ai miei occhi. Avanzai carponi fino a che le mie labbra si appoggiarono alla prugna calda e bagnata del signor Marco.
Guardai verso di lui come un cucciolo in cerca di carezze. La sua mano si perse tra i miei capelli.
In realtà dentro di me ero devastato: il mio sogno proibito, tutto ciò su cui avevo fantasticato per mesi, si stava realmente avverando. La mia eccitazione era ad un livello tale che dal mio uccello il liquido precum sgorgava a litri.
"È tutto bagnato papà!” le dita di Ste mi regalarono un brivido.
"Stai sentendogli la cappella?" chiese il signor Marco che, sdraiato, non poteva vedere.
"Sìììì! E dovresti vedere quanto precum sta pompando! È fradicia!" ridacchiava come un matto. Mi sentii avvampare.
"Va tutto bene, Enri. Tutto bene… - mi rassicurò - Fammi assaggiare, figliolo!” disse puntandosi con i gomiti.
Mentre la mano si Ste si avvicinava alla sua bocca, il signor Marco forzò la mia ad ingoiare il suo randello.
"Tutto qui! – mi rassicurò – Ora rilassati e lascia che ti riempia la bocca... S… Sììì! Così!- tra i lucciconi degli occhi, lo vidi leccare ingordo il mio precum che il figlio gli porgeva - Cazzo, hai un buon sapore! Il tuo papà è fortunato a poterne bere! O non glielo permetti?"
Con la bocca occupata, l’unica cosa che mi riuscì fu di scuotere la testa.
"Peccato! - concluse il signor Marco terminando di leccare le dita del figlio per darsi una vigorosa pacca sull’addome - Non sa cosa si perde! E adesso giochiamo sul serio! Sali sopra di me. Voglio succhiare questo nettare meraviglioso direttamente dal tuo cazzo mentre continui il lavoretto al mio uccello. Deve arrivarti fino in gola. Così non basta… Non mi basta!"
Senza togliermi il cazzo dalla bocca, sollevai una gamba, ruotando al contempo il resto del corpo per scavalcare quel toro e adagiarmi sul tappeto morbido del suo corpo. Culo e pube erano rivolti verso il volto di quell’uomo meravigliosamente eccitante. Lo si sentii afferrarmi e forzarmi gentilmente ad arretrare così da permettere alla sua lingua di lambirmi le chiappe.
Le mie palle vibrarono quando la lingua frustò il mio buchetto. La mano intanto rovesciò l’uccello all’indietro per consentirgli di prenderlo in bocca.
“Aaaahhh…” mugolai. E nell’istante in cui la sua lingua si sfregò contro l’orifizio in cima alla cappella, il mio uccello riprese a sgorgare copiosamente. E questa volta fu un orgasmo in piena regola! E nella bocca del mio sogno erotico…
Presi la pacca che ricevetti sul culo come un segno d’approvazione.
La gioia provocata dal piacere regalato al mio amante m’impose d’impegnarmi ancora di più nel compito assegnatomi. Spalancai la bocca più che potei, fino a sentire le labbra accoccolarsi alla base di quella nerchia che mi pareva infinita. Aspirai con forza l’aroma di pulito che i peli del pube emanavano mischiandolo a quello degli umori che stavo ingoiando.
“Papà, papà, Enri ha tutto il tuo uccello in gola!” esclamò Ste, quasi stesse assistendo ad una gara.
Io stesso ero incredulo. Ma non potevo sbagliarmi: la sensazione di soffocamento mi confermava che l’impresa era riuscita.
“Respira dal naso! – m’incitò il mio amico – È così che faccio anch’io!” il signor Marco era invece troppo impegnato per darmi altri consigli.
I miei occhi erano a pochi centimetri dalla sua bisaccia perfettamente depilata. Era tesa e dura. Credo stesse per esplodere. Non mi sbagliavo: il suo corpo iniziò a tremare…
“Papà sta per sborrarti in gola! – mi avvertì Ste - Continua a succhiare Enri o soffocherai!”
Feci del mio meglio per assecondare i movimenti ormai frenetici del bacino di quel toro da monta. Sentii il suo corpo tremare forte, vidi le sue cosce contrarsi quando i fiotti di latte caldo inondarono il mio palato. Lo sentii grugnire mentre le sue labbra serravano con forza la mia asta che non avevo mai sentito così dura.
L’ondata di piena m’investì… In pieno! A stento riuscii a non soffocare. Anche perché mentre mi riempivo dello sperma caldo del Signor Marco, a mia volta gliene regalavo del mio.
Rimanemmo nelle rispettive posizioni ancora per qualche istante: il tempo di riprendere fiato. Sentii il suo bigolo sgonfiarsi lentamente nella mia gola e poi sfilarsi. Feci lo stesso.
“È venuto anche lui, pa’? Eh, è venuto!”
“Oh sì, almeno un paio di volte!” rispose sedendosi ed invitandomi a sedermi sulle sue ginocchia. Mi carezzò dolcemente i capelli ed iniziò a leccarmi dal viso gli spruzzi ancora tiepidi per poi appoggiare le sue labbra alle mie e forzarle con la lingua, incurante delle assillanti domande del figlio.
Limonammo per pochi minuti sdraiati uno sopra all’altro.
Le voci della mamme nell’atrio d’ingresso ci riportarono alla realtà.
Mi rialzai in tutta fretta e… Mi ritrovai nel mio letto!
Sentivo le mani umide. Le annusai. Avevano un odore acre.
Non capivo cosa fosse successo: avevo sognato? O era accaduto davvero?
Mi precipitai alla finestra.
Pioveva a dirotto ma vidi comunque la luce nel seminterrato.
E due occhi puntati su di me ammiccanti…
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