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Gay & Bisex

50 incredibili secondi: La visita di controllo di Emanuele


di honeybear
05.08.2014    |    15.588    |    1 9.4
"Si mise a passarlo e ripassarlo sul viso di Emanuele..."
Per Emanuele i cinque giorni passarono pigri e nervosi. Quanto accaduto al centro medico l’aveva turbato ed affascinato al contempo: se i suoi amici fossero venuti a conoscenza di cos’era riuscito a combinare, l’avrebbero sputtanato a vita… Lui, che aveva fama di scoparsi una troietta diversa praticamente ogni fine settimana, correva il rischio di essere bandito per sempre dalla sua compagnia: aveva regalato il suo culo ad un perfetto sconosciuto, cadendo vittima di un gioco un po’ morboso e perverso qual era quello propostogli dal dottore… Dottore che moriva dalla voglia di risentire: via sms, o attraverso una qualsiasi applicazione per lo smartphone. Invece niente!
‘Soltanto il suo nome… Alberto…”
Sperare che lui recuperasse i suoi contatti chiedendoli alla segretaria per cercarlo, era utopia. Arrivò addirittura a pensare che il giorno della visita di controllo, avrebbe trovato un suo collega.
‘Eppure ha detto tra cinque giorni esatti…’ si ripeté per autoconvincersi. Così la sua fantasia riprese a galoppare libera, immaginando il suo corpo nudo avvinto a quello del medico in chissà quali prodigiose acrobazie sessuali…. O in balia delle pratiche sado-masochiste più spinte … Come nel libro cui Alberto aveva dichiarato d’ispirarsi.
A quei pensieri, il cazzo gli s’induriva ed il giovane non poteva far altro che sfogarsi per i fatti suoi. Si rinchiudeva da qualche parte abbassandosi i pantaloni e gli slip e, lasciando le sue mani libere di massaggiare da cima a fondo il suo bel manganello e il suoi buchetto, dava libero sfogo alla sua libido, producendo quantità industriali di sperma che rigorosamente puliva ingoiando!
Finalmente arrivò quel fatidico mercoledì: si presentò all’ambulatorio puntuale com’era sua abitudine, credendo di trovarlo deserto. Invece la sorpresa: c’erano almeno un altro paio di persone davanti a lui. Con un cenno salutò Leo, uno dei suoi compagni di squadra.
“Oh cazzo!” imprecò sottovoce.
“Prego?” la segretaria alzò la testa abbassando gli occhiali.
“Io… Io sono qui per la visita di controllo. Ho appuntamento alle 19.00 con…”
“Sì, il dottore in effetti la sta aspettando. Studio 4. In fondo al corridoio, la prima porta di fronte a lei”.
Ringraziò e s’incamminò per il lungo passaggio illuminato dai neon.
Bussò alla porta.
“Avanti!” l’udire la sua voce profonda lo turbò. Era alla resa dei conti: quel momento tanto atteso si rivelava ora come un qualcosa da cui avrebbe voluto fuggire a gambe levate. Conoscendo poco o nulla delle regole di quello che convenzionalmente era divenuto il ‘gioco’, cominciò a domandarsi come si sarebbe dovuto comportare e se Alberto gli avrebbe fornito dei suggerimenti a riguardo. E poi lo scorso venerdì erano soli, mentre ora almeno quattro potenziali uditori avrebbero ascoltato i suoi mugolii, gli ordini impartiti… Se il collega del gabinetto a fianco fosse entrato all’improvviso… O la segretaria…
“Avanti” ripeté la voce dall’altra parte, dando chiari segni d’impazienza. Abbassò la maniglia titubante.
“Pensavo di doverti aprire io stesso la porta! Non abbiamo tutta la sera!” lo sguardo fisso sulla documentazione che stava esaminando.
‘Bella accoglienza’ si disse.
“Allora, quella di oggi è la tua visita di controllo perché… Vediamo… Ah sì, perché auscultandoti, riscontrai un battito cardiaco leggermente accelerato”.
“Ma, veramente avevo eseguito l’elettrocardiogramma…”
“Spogliati – tagliò corto il medico, chiaramente infastidito da quell’intromissione non richiesta – fallo lentamente! Inizia dall’alto…” in quell’istante suonò il telefono interno: la segretaria lo informava che se ne stava andando e che i pazienti in attesa avevano ritirato gli esiti firmati. In poche parole, non c’era più nessuno. Alberto le assicurò che avrebbe chiuso tutto perfettamente e la congedò con un saluto cordiale. Emauele tirò un sospiro di sollievo dentro di sé: il ‘gioco’ poteva cominciare!
“Sì, Signore” rispose finalmente, sfilandosi la maglietta. Il torace possente e muscoloso si mostrò in tutto il suo peloso splendore!
“Fermati!” il sanitario prese a girargli intorno osservandolo, strofinandosi la mano sul mento. Emanuele non si poteva definire esattamente un fotomodello. Il suo viso presentava dei lineamenti un po' rudi, spigolosi. Da cattivo ragazzo, avrebbe detto qualcuno. Somigliava magari più al prototipo dell’ingegnere, anche se gli occhiali gli conferivano un’aria decisamente sexy. Al dottore parve che stesse ammiccando… Ignorò la sensazione e terminò l’ispezione; infine gli si avvicinò mostrandogli il gonfiore che si stava già delineando sul camice all'altezza della patta.
“Sbottona!”
Il ragazzo eseguì e le mani del medico lo condussero ad aprire la zip dei pantaloni chiari. Emanuele intravide gli slip bianchi su cui si era formata una macchia umida, creata dalle gocce di liquido prespermatico che, filamentose, stavano certamente colando da quella cappella che tanto smaniava di vedere ed assaporare e che progressivamente si stava risvegliando.
Alberto gli afferrò saldamente la nuca e lo spinse ad abbassarsi in corrispondenza della cerniera lampo. Gli sollevò lo sguardo. Sorrise. Gli fece dondolare il capo, fermandolo a pochi millimetri dall’uccellone che si annidava lì dietro. Il giovane cacciò fuori la lingua, ma non riuscì ad assaggiare! L’unica concessione fu di annusare l’aroma di maschio che emanava, sempre mantenendosi a debita distanza.
Lo fece alzare e lo spinse verso il lettino. La faccia del giovane era assolutamente tranquilla. Alberto ebbe tuttavia l'impressione che ci fosse qualcosa di beffardo nel suo sguardo. Di beffardo e complice al contempo.
“Togliti i pantaloni!”
Si levò le scarpe e, dopo essersi slacciato la cintura, sbottonò i jeans per calarseli lentamente insieme alle mutande:
“Solo i pantaloni, ti ho detto!” le sue gambe si rivelarono in tutta la loro bellezza: pelose, robuste e sode. Un istintivo senso di pudore gl’impose di coprirsi.
“Leva quelle mani! Sappiamo perfettamente cosa c’è lì dietro!” gl’intimò Alberto e rimase impassibile ad ammirare il corpo scultoreo del suo schiavo per alcuni istanti, come già cinque giorni addietro.
“Ora sdraiati” gli ordinò, prendendo posto sullo sgabello accanto al lettino. Da quella posizione era ad una ventina di centimetri dal suo bacino. Si concentrò sul pacco. Il sottile tessuto degli slip aderiva alle forme del suo membro delineandole. Quel bel pezzo di carne che l’affascinò la volta precedente, doveva essere un po' barzotto: la cappella, adagiata sulla destra, pulsava con regolarità insieme all’asta liscia e, più sotto, il gonfio delle palle.
Alberto si alzò ponendosi alla testa di Emanuele. Accarezzò con dolcezza la zazzera ricciuta mentre infilava una mano nella zip aperta per estrarre dalle mutande il suo uccello duro. Si mise a passarlo e ripassarlo sul viso di Emanuele.
“Signore…” esitò.
“Taci! Puoi solo guardarlo… La tua lingua deve rimanere in bocca. E la bocca ben chiusa!”
Non poté dunque far altro che lasciarsi lavare dal liquido che, copioso, filtrava dal glande e che generosamente, veniva sparso sui suoi zigomi, sulla fronte, sul mento. Nelle narici l’aroma internso di quel bastone nodoso, che regale, si stagliava sopra di lui.
Il dottore si spostò poi suoi ai piedi. Allungò le mani sui e con decisione, sfilò gli slip, liberando ancora una volta quel magnifico culo adorno di una fitta peluria, nonché una poderosa erezione. Infilò il suo naso tra le chiappe per lasciarsi inebriare dall’effluvio che emanava quella selva lucida e scura. Alternandolo con il mento, lo faceva salire e scendere solleticando i lunghi fili neri. Emanuele, reclinando il capo, sospirò rimanendo in silenzio. Alberto prese a masturbarsi e a lavorarlo di lingua.
“Dimmi quanto ti piace…” il copione si ripeteva identico al precedente…
“Signore… Voglio che continui a leccarmi il culo come sta facendo ora… È… È magnifico… Sì… Così! Così! Più veloce, Signore! Più veloce, per favore… Continui, per favore… Non smetta! Aaahhh… Aaahhh… È bellissimo! Bellissimo!!”
Il medico s’impegnava al massimo per dargli il piacere che quegli incitamenti richiedevano; fino a che lentamente si alzò ad ammirare il lavoro svolto e l’erezione:
“Meravigliosa…” sussurrò con gli occhi scintillanti e senza prestare la minima attenzione al suo giovane amante perennemente immobile. Si avviò invece verso il carrellino dell’infermeria.
Tornò con il gel per gli elettrodi ed un termometro. Emanuele osservò perplesso.
“Puoi chiedere”.
“Signore… Cosa… Cosa vuole farmi?”
“La volta scorsa ho dimenticato una cosa importantissima… – le sue labbra s’allargarono in un sorriso malizioso mentre s’infilava i guanti di lattice - …Misurarti la temperatura. Provvederò ora! Sono certo che anche questo trattamento ti piacerà!”
Così dicendo si chinò nuovamente ad ammirare quel buchetto sverginato dalle sue dita. Un piccolo anello rosa increspato, che ora pulsava frenetico nell’intrico di peli umidi, al centro delle gambe divaricate. La punta del termometro prese a tormentarlo: la leggera sensazione di freddo prodotta dal contatto con il metallo fece sobbalzare il giovane schiavo. Il medico non se ne curò: era troppo impegnato a farla girare e rigirare intorno al buco peloso che infine penetrò con calcolata decisione. Lo introdusse per metà, lentamente. Lo fece ruotare e continuare la corsa. Una volta inserito completamente, oltre a ruotarlo, si divertiva a muoverlo su e giù. Emanuele sussultava mordendosi le labbra, non avendo altro modo per esprimersi. Piccole gocce di sudore gl’imperlavano la fronte.
Il gioco andò avanti qualche istante fino a che il medico si risolse di lasciarglielo piantato dentro, mentre lui si affaccendava ad applicargli gli elettrodi per l’esame.
Azionò la macchina e, sempre senza profferire verbo, riprese a tormentargli lo sfintere agendo sul termometro:
“Bene… Mentre il computer interno registra, useremo questo – indicò il termometro – per scandire il tempo… Ricordi!? 50 secondi… A partire da ora! Conta alla rovescia e ad alta voce!”
Faticosamente Emanuele iniziò il count-down. Faticosamente, perché il piacere che quella stimolazione anale gli dava, rendeva difficile concentrarsi sul compito da eseguire: il termometro entrava ed usciva con certosina cadenza. A questo si aggiungeva l’erezione che cominciava a dolergli.
L’unico modo che aveva per dare sfogo a quel piacere così intenso che lo assaliva era, nuovamente, di mordersi fugacemente le labbra (stando ben attento a non andare fuori tempo) o di umettarsele con la lingua.
“…Treehh… Dueehh… Unoohhhh…”
“Ottimo lavoro! - commentò il medico – se tutto è andato bene, ci sarà una ricompensa!” Emanuele si sollevò sui gomiti e sorrise.
Il medico si avvicinò alla macchina e ne prese i tabulati.
“Vediamo… Si direbbe di sì! Il tuo cardiogramma è pressoché perfetto! - di nuovo quel sorriso malizioso, quasi canzonatorio – Scommetto che pregusti la ricompensa, vero?”
Il ragazzo annuì compiaciuto. Mentre si avvicinava alla scrivania per estrarre qualcosa dalla sua borsa, Alberto incrociò ancora una volta quello sguardo fiero. Gli occhi scuri del suo schiavo erano così intensi e ardenti che cominciava a perdercisi dentro.
“Ora mettiti a quattro zampe sopra il lettino – s’infilò i guanti di lattice - Il tuo culo ben esposto! Resta fermo. Immobile!”
Gli si avvicinò, sempre badando di tenere nascosta la sorpresa: il suo cazzo si stava bagnando sempre di più e volle rendere Emanuele partecipe del fatto. Appoggiò l’oggetto tra le gambe del ragazzo, spostò lo sgabello alla testa del lettino, ci si sedette sopra e cominciò a levarsi la camicia, scoprendo un torace muscoloso e generosamente coperto di pelo castano. Al centro dei pettorali perfettamente scolpiti, i suoi capezzoli che, come quelli di Emanuele, erano grossi e belli rossi. E in quel momento assolutamente turgidi. Dopo averli sfiorati, li tormentò alcuni istanti, osservando la reazione dell’altro.
‘Ha ancora quel sorriso strano... - pensò mentre si slacciava anche i pantaloni - ...Quasi come se volesse prendersi gioco di me. O meglio ancora, quasi come se mi sfidasse a rendere il gioco ancora più duro di quello che già è per lui’. Dopo esserseli sfilati, insieme agli slip, se ne restò beatamente seduto a masturbarsi di fronte a lui.
Emanuele si leccava le labbra deglutendo, mentre osservava l’azione lenta della mano: il dottore l’insalivava per bagnare a dovere la cappella, soffermandosi nella zona del frenulo, per poi lasciarla scorrere lentamente lungo l’asta fino alle palle. Palle che, dopo una vigorosa carezza, raccoglieva e sollevava, mettendo in luce il suo ano peloso e pulsante.
Lo sguardo di Alberto si alternava tra quello di Emanuele e le sue parti intime, con gli occhi che indagavano fino a che punto quelli del ragazzo lo desiderassero.
“Sai come si chiama questo?” Ed indicò la zona tra i testicoli e l’ano.
Per un attimo si fissarono. Il suo cazzo s’indurì ancora più di quanto aveva già fatto. Senza distogliere lo sguardo lo incalzò:
"Ebbene?" lo prese per la nuca ed avvicinandolo alla zona incriminata.
Silenzio.
"Questa regione del corpo si chiama perineo" sentenziò con un certo tono di superiorità e distanza.
“Sì, Signore. Perineo…”
“Bene. affinché ti sia chiaro il concetto, ora la indicherò ancora una volta ancora… Ma su di te…”
Sempre continuando a masturbarsi si diresse dietro di lui. Versò una piccola quantità di gel alla sommità dell’oggetto che costituiva la sorpresa destinata ad Emanuele, e si mise a farlo scivolare nella regione perineale del ragazzo. Questi scattò in avanti, abbassandosi leggermente, per via della sensazione di freddo provocata dal gel. Subito si riprese ed aggrottò la fronte preoccupato: non riusciva a comprendere cosa fosse quella punta arrotondata che lo stava percorrendo. E che il medico fermò in corrispondenza dell’ano. In un moto di agitazione prese a contrarlo nervosamente appoggiandosi saldamente sulle braccia.
La punta continuò a scorrere intorno alle grinze e ai peli del bucchetto; buchetto che pareva soffiare per allontanare la minaccia sconosciuta:
“Non voltarti…” e forzò l’ingresso della punta. D’istinto Emanuele l’accolse dentro di sé. Appena tuttavia intuì cosa l’avrebbe atteso s’arrestò irrigidendosi:
“Hai capito cos’è?”
“Sign… Signore, non sono sicuro…”
“Ti sto infilando su per il buco del culo un plug anale. È una specie di cono con un tappo in fondo…” il ragazzo cominciò a sudare freddo. Certo che sapeva di cosa si trattava, perché l’aveva visto in qualche film porno.
“Spingerò fino a che il cono, penetrandoti, non ti allargherà per bene l’orifizio ed il tappo non te l’avrà chiuso. A quel punto eseguirai il secondo esame”.
Non ebbe il tempo di realizzare le parole del medico che un dolore ed un bruciore laceranti lo pervasero. Il sex-toy stava compiendo il suo dovere: le pieghe dell’ano si tesero al pari di un elastico portato al limite di rottura, man mano che il cono si addentrava nelle sue viscere. Ad Emanuele parve di morire: voleva ribellarsi. Il medico, come sempre, l’anticipò:
“Non gridare se senti male! Ti è proibito! E soprattutto non voltarti e non preoccuparti: le dimensioni del giocattolo sono contenute… Del resto il tuo culo è ancora relativamente vergine!”
Una lacrima gli solcò le guance. Soffocò un grido di dolore. Strinse i pugni e i denti mentre si sentiva lentamente ed inesorabilmente sfondare dall’oggetto. A poco servì il lubrificante che generosamente il medico versava. Eppure la sua erezione non accennava a smorzarsi. Anzi…
“Non contrarre l’ano o mi renderai, ma soprattutto ti renderai, le cose difficili… - la voce sempre assolutamente impersonale e professionale - Rilassati! Da bravo, ubbidisci…” e gli allungò una vibrante pacca sul culo che, a contatto con la pelle, produsse un rumore secco, simile ad una piccola e rapida esplosione.
Il ragazzo fece del suo meglio:
“Molto bene!” e con l’ultima spinta il plug si collocò completamente e definitivamente nel suo ano. Emanuele ebbe la sensazione che gli occhi gli schizzassero fuori dalle orbite per il dolore. Faticava ad abituarsi; il medico comprese e lo lasciò qualche istante in quella posizione, massaggiandogli le chiappe, e continuando a masturbarsi alla sue spalle. Smise il trattamento, limitandosi semplicemente a toccarsi ammirando il panorama offerto da quel buco peloso con un cerchio nero (e non più rosa) al centro.
“Ora alzati! - Emanuele obbedì a fatica asciugandosi la fronte e gli occhi con un braccio. Non si era ancora del tutto abituato alla bruciante presenza di quell’ospite dentro di lui – Cammina un po’ per la stanza mentre io preparo il necessario” e, dopo aver sistemato il metronomo ed un cubo a fianco del lettino, vi posò sopra gli elettrodi pronti all’uso.
“Bene. Direi che ci siamo. Avvicinati al cubo. Sai come funziona vero? – il giovane annuì. Non un cenno d’interesse su come si sentiva – salirai e scenderai dal gradino fino alle scadere dei 50 secondi prestabiliti. Partirai non appena azionerò questo. Pronto!?”
Il metronomo inziò a scandire il tempo. Il medico seduto dalla parte opposta del cubo si titillava i capezzoli; le sue mani scesero lentamente accarezzando il folto intrico di peli fino al pube. Afferrò saldamente il suo pene alla radice con la mano destra, iniziando a trastullarsi.
Emanuele invece saliva e scendeva: il suo corpo possente e muscoloso sudava. Le goccioline punteggiavano la fitta corazza di pelo.
Il vedere i muscoli del suo giovane schiavo tendersi a quel modo, provocarono un moto d’accelerazione nella sega che si stava sparando il dottore: entrambe le mani indugiavano ora sulla cappella, massaggiandola con i polpastrelli inguantati e bagnati dal gel; la sola mano destra scorreva invece energica sull’asta impugnata fermamente.
“Non rallentare! Continua con questo ritmo!” lo incitò seguitando a scappellarsi.
Emanuele, pur cercando di stare al passo, cominciava ad accusare una certa fatica. Sudava ed ansimava rumorosamente. Sembrava un animale inseguito dal suo predatore. Certo, era allenato a sopportare lo sforzo, ma quello non rientrava nelle sue categorie abituali. Tuttavia l’azione del salire e scendere accompagnata a quella del plug infilato nel culo, a cui finalmente si stava abituando, mantennero un effetto incredibilmente stimolante su di lui.
Ad ogni salita sul gradino incrociava lo sguardo con Alberto; subito però lo abbassava in direzione dell’uccello per ammirare la cappella irrorata dal liquido prespermatico prodotto dal piccolo orifizio in quantità industriali. Ciò non faceva che rendere la sua erezione più consistente, quasi dolorosa: il bisogno di svuotare le palle si fece impellente.
Leggendogli nel pensiero, il medico gli ricordò:
“Non ti è permesso venire, se non dietro mia esplicita richiesta!”
Strinse i denti ancora una volta: quel cazzo di metronomo avrebbe finito prima o poi. Così fu!
“Sdraiati sul lettino, veloce!”
Non chiedeva di meglio. Subito il medico gli fu addosso. Dopo avergli sistemato gli elettrodi ed azionato la macchina, afferrò la mazza d’acciaio e cominciò a menargliela. Lentamente. Con la stessa lentezza con cui si apprestò a sfilargli il plug dal culo.
Di nuovo Emanuele venne aggredito da quel senso di dolore che provò quando Alberto glielo introdusse: la pelle dell’ano si tese all’inverosimile, ma al contrario. Sembrava doversi strappare da quanto era dilatato. Ed era come se dovesse risucchiare qualcosa.
Gli sembrò d’impazzire per quella frammistione di dolore e piacere: sopra la mano che lo masturbava; sotto il culo che dopo il momento di massima dilatazione, stava lentamente ritornando a riposo:
“Così, bravo… Non contrarre… Non contrarre, cazzo! Rilassati… Così… Così… Che c’è!? Vuoi venire, eh? Vuoi venire? Rispondi!”
“Sì, Signore. La prego… La prego! Non ce la faccio più… Non… Non ce la faccio piùùù…” a quell’affermazione seguì immediata, la sborrata: fiotti caldi si sparpagliarono sullo scuro manto peloso, mischiandosi al sudore. Il plug era stato completamente estratto. Il tempo era definitivamente scaduto.
Mancava solo il dottore. Alberto lo posizionò perpendicolarmente al lettino sollevandogli le gambe sopra la testa.
Uno… Due… Cinque colpi lenti e decisi fecero riversare nel solco lungo le chiappe di Emanuele un’abbondante colata di liquido cremoso e bollente, accompagnata da una specie di grido animalesco e liberatorio al contempo. Spalmò la crema calda con accuratezza servendosi prima della cappella e poi della lingua.
Si alzò trionfante per lasciarsi cadere sopra di lui. Uno sguardo diverso negli occhi. Una luce diversa. Le bocche pericolosamente vicine. Si sfiorarono. Si morsero. Si baciarono. A lungo.
Emanuele abbracciò Alberto. Questi non pronunciò alcun contrordine. Alberto abbracciò Emanuele. A lungo. Fino a che i respiri affannati di entrambi non si placarono. Forse si addormentarono anche. Per qualche istante.
Il medico riaprì gli occhi:
“Ti preparo gli esiti degli esami. Datti una sistemata!”
I modi erano tornati quelli pragmatici di sempre. Eseguì l’ennesimo ordine sorridendo tra sé…

- Continua -
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