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Gay & Bisex

I migliori an(n)i della nostra vita_3


di honeybear
23.09.2015    |    6.970    |    3 9.7
"Sicuramente sapeva quello che stava facendo, quindi non lo fermai – Mmmm… E che belle chiappe sode!” affondò i denti nella morbida peluria dando un leggero..."
Un paio di settimane dopo la nostra prima sessione ci ritrovammo, come ormai d’abitudine, nel suo ufficio. Eravamo solo noi due: gli altri erano andati a casa.
L’orologio sulla parete segnava le sei. Non ricordo quale mese indicasse invece il calendario. Certamente era già buio fuori: le giornate iniziavano ad accorciarsi.
La palestra di sera mi faceva uno strano effetto: quello dei film horror-adolescenziali dove il maniaco di turno sevizia la solida cheerleader bionda che si attarda sotto la doccia o negli spogliatoi (mostrando le generose poppe siliconate). E proprio lì, Bertelli suggerì di andare. Nello spogliatoio.
Iniziai a gironzolare per la stanzetta tirata a lucido dopo la devastazione compiuta quotidianamente da noi ragazzi. Ero un po' nervoso: “…Ho paura che possa arrivare qualcuno!” confessai.
“Non c’è alcun motivo di preoccuparsi Davide. Terminate le pulizie, il custode se ne va e lascia a me il compito di chiudere!” mi rassicurò dolcemente sfiorandomi appena le labbra con le sue.
“Che c’è? La mia barba punge? O il problema è altrove?– in effetti anche lui mi sembrava nervoso – No, qui sotto, mi pare vada tutto bene!” concluse dandomi una virile palpata al pacco già sufficientemente duro.
Gli spiegai i motivi della mia irrequietezza. Rise di gusto: “Perché non ti siedi un attimo e provi a rilassarti?” Ubbidii.
Lui si mise di fronte e mi sistemò le gambe in modo che cadessero ai lati della panca dove, poco prima, avevo finito di prepararmi.
Appena allungò le mani mi sfilo la maglietta. Senza perdere altro tempo, si posizionarono rapide sui pettorali e li strinsero come solo avevo visto fare alle tette delle attrici nei film porno. Mi agitai.
Lui mi sorrise: “Va un po’ meglio?” chiese strizzandomi i capezzoli.
Porca puttana, non andava meglio: andava alla grande! Se le premesse erano quelle, chissà come avremmo concluso la serata.
Le dita corsero verso il basso per slacciarmi i pantaloni, abbassandoli leggermente.
Realizzai in un attimo quale sarebbe stato il tipo di rilassamento che aveva previsto. Pollice e indice iniziarono a percorrere la sagoma di cotone che così bene disegnava il mio uccello in tiro. Una piccola macchia si formò in corrispondenza della cappella, ingrandendosi a vista d’occhio.
“Sei comodo?” chiese premuroso come sempre. Assentii e reclinai il capo per godermi il momento.
Mi scostò leggermente l’elastico degli slip per insinuarsi all’interno. Lo sentii accarezzare il mio pelo e poi ravanare deciso alla ricerca dell’uccello che prese a lavorare.
Riaprii gli occhi e lo osservai giocare con il mio arnese: sembrava un bambino che stava arrotolando un lungo serpente di Pongo. Si inumidì le dita e, quando arrivò in cima alla cappella, si mise ad usare i polpastrelli, mimando il gesto di chi sta spremendo un agrume.
Quel gioco mi dette i brividi (di piacere non di paura!!). Ciò che trovai veramente fico fu il modo in cui si prendeva cura di me. Il suo sguardo osservò ogni mio movimento. Ogni mio sussulto.
“Ti va di metterti un po’ più comodo?”
“Sì!”
“Allora lascia che ti aiuti…” baciandoci, sfilammo i pantaloni e gli slip. Tornai ad accomodarmi appoggiando i gomiti al lungo asse di legno stendendo le gambe verso di lui. Mi sorrise prima di chinarsi per succhiarmi l’uccello.
Ricordo che ero particolarmente arrapato quel giorno ed, il fatto di essere già nudo di fronte a lui unito al trattamento subito, non fece che alimentare il mio livello di testosterone oltre che farmelo rizzar all’inverosimile!
Quando passò a ciucciarmi anche le palle, mi alzò le gambe e sentii la sua lingua che cominciava a picchiare sulla parte posteriore dello scroto per andare a finire dritta alla fessura del culo. Protestai timidamente, ma lui ignorò le mie lamentele e continuò spingendo la lingua proprio in quella fessura.
Cazzo... la fessura del mio culo!!!! Wooowwww, il passaggio della lingua lungo i peli m’indurirono la nerchia all’inverosimile!!!! La bellezza e la passione di quel momento mi travolsero.
“Ora alzati Davide – ordinò perentorio – girati e mettiti in ginocchio...” ubbidii, curioso ed eccitato all’idea di ciò che sarebbe potuto seguire. Subito sentii la sua bocca baciare il fondo della mia schiena; la lingua prese poi a leccarla per cominciare a muoversi verso il basso dove attaccò nuovamente la linea del mio culetto, questa volta dall’alto. Abbassai la fronte fino ad incontrare le mie mani appoggiate alla panca. Sollevai il culo più che potei e gli lasciai fare qualunque cosa volesse fare.
“Che bel culetto arrapato che abbiamo qui, vero!? – chiese massaggiando le due mele pelose che allargò prepotentemente. Sicuramente sapeva quello che stava facendo, quindi non lo fermai – Mmmm… E che belle chiappe sode!” affondò i denti nella morbida peluria dando un leggero morso che mi fece sbuffare e sobbalzare. La punta della lingua tornò a punzecchiare le increspature intorno al mio buchetto per poi infilarsi decisa. A quel punto mi ritirassi.
“Stai fermo, Davide... - bisbigliò - Ti piacerà, lo prometto!” iniziò a lappare intorno all’orifizio una due, infinite volte. Era strano e piacevole al contempo. Poi fu solo piacevolmente bello! Ed infine divenne bello. Voglio dire, inequivocabilmente, indiscutibilmente, assolutamente bello!! Ansimai ed inconsciamente iniziai a spingere il mio culo contro la sua faccia.
“Eheheheh, lo vedi? Sapevo che ti sarebbe piaciuto! Ma sarà anche meglio...“ mi assicurò prima di tornare a leccarmi l’ano; poi di nuovo la sua lingua che spingeva contro il povero pertugio sotto assedio.
“Unnnngggghhhh... ggggaaaahhhh... Cosa mi sta facendo? – gl’intimai – Cosa gli STA facendo? - fu come se fosse riuscito una soglia per consentire alla sua lingua di strofinarsi tra le pareti interne della mia piccola galleria – Oooohhhh… Ooooccccazzzzoooohhh... - gridai battendo i pugni sulla panca continuando a spingere indietro il culo lasciando che la sua faccia vi affondasse – Occazzo, cazzo, CAZZOOOOHHHH!!!!“
Un riso soffocato (il suo ovviamente) si levò dalla faccia seppellita tra le mie chiappe. La lingua, vogliosa, trapanava imperterrita e sfrontata il piccolo orifizio che ormai non opponeva la minima resistenza.
Era stupendo!
Tutto il mio culo sembrava muoversi autonomamente, librandosi in aria. La sua lingua mi stava facendo impazzire, trasformandomi in un animale che grugniva gemeva e ansimava, sfregando le sue chiappe contro la sua faccia. Sono più che certo di aver gridato come un ossesso (tanto non c’erano orecchie indiscrete ad ascoltare), ma sono altrettanto certo che mi capirete quando dico che non avevo mai provato un piacere simile!!!!
Seguitò imperterrito a leccare ma lo sentii anche frugare nella borsa che aveva portato con sé. Mi voltai a guardare.
“Alzati!” si appoggiò a me facendomi sentire tutta la potenza della sua erezione attraverso i pantaloni. D’istinto mi voltai. Lo fissai per un secondo e le mie labbra si avventarono sulle sue. Iniziai a baciarlo come un affamato si butta su un panino per divorarlo. Le mie mani iniziarono letteralmente a strappargli i vestiti di dosso: in un attimo gli slacciai i bottoni della camicia accarezzandogli il morbido tappeto scuro. Ancor più velocemente gliela sfilai prima di dedicarmi a ciò che stava sotto la cintola.
Anche lui sbuffò come un animale in calore.
Annusai l’odore di maschio che proveniva dalla patta gonfia e, questa volta lentamente, slacciai cintura e pantaloni abbassandoli per godere della vista di quel manganello che si profilava attraverso la stoffa degli slip.
Con un calcio allontanò scarpe e vestiario, mi spinse a voltarmi e ad abbassarmi sulla panca. Mi piegai per osservare attraverso le mie gambe divaricate, cosa stesse facendo. Anche lui se ne stava a gambe aperte con quel pacco enorme ancora incartato. Mi prese per i fianchi abbassandomi; mi puntai con i gomiti sul duro asse di legno prima che prendesse a strusciarmi il suo arnese tra le chiappe. Strinsi le labbra passandoci sopra la lingua. Cominciai ad avvampare mentre, ancora una volta, il culo andava a cercare quel gonfiore che tanto piacere gli dava.
Si fermò per sistemare meglio la mia posizione. Mi voltai invitandolo con lo sguardo a non fermarsi.
E di certo non l’avrebbe fatto!
Si calò gli slip. La sua proboscide svettava più dura che mai; era di un colore rosso scuro, quasi marrone. Cominciò ad ondeggiare leggermente su e giù, esercitando una sorta di richiamo ipnotico per la mia rosellina che non riuscì a sottrarsi all’invito e si protese, una volta di più, verso di lui.
La cappella, da cui colava un denso filo di liquido prespermatico, iniziò a sfiorarla sempre al ritmo di quella danza, mentre il coach da un piccolo flacone fece per spremere una sorta di gel direttamente sul bastone.
“Ma non dovrebbe usare… Ecco…” lo fermai
“Cosa? Ah, il profilattico intendi? – e dalla borsa di Mary Poppins comparve una bustina color oro che aprì con i denti. Lo appoggiò sulla cappella umida e si fermò – Ti va di infilarmelo?”
“M-ma io non…”
“Oh, è semplicissimo! Tienilo appoggiato sulla punta e poi comincia a srotolare!”
Mi sedetti ad pochi centimetri di distanza da quella grossa banana sbrodolante e, seguendo le indicazioni datemi, cominciai a dedicarmi alla complicata vestizione: essendo anche quella una mia prima volta, mi sentivo molto impacciato.
“Dovresti fare pratica sul tuo! – rise strizzandomi l’occhio – Per questa volta faccio io!” e in un attimo un piccolo biberon giallognolo (a me dava quell’impressione) aderì perfettamente sull’asta rigida che venne comunque lubrificata dal gel. Bertelli prese a massaggiarla.
Vederla stretta nel condom che luccicava sotto la luce delle lampade era fichissimo!
In silenzio mi fece voltare. Con una leggera pressione sulla spalla mi invitò ad abbassarmi; io, curioso, mantenni il viso girato su di lui. Se ne versò un’altra piccola quantità sulla punta delle dita che dapprima rotearono intorno alla coroncina di carne per poi penetrarla senza troppi complimenti.
“Appoggiati saldamente con i gomiti sulla panca. Allarga bene le gambe! Così, bravo! Ed ora, culo in aria! – mi allungò una pacca sulla chiappa sinistra – Culo in aria ho detto! Oh, bravo ragazzo!”
“Aaaahhhh!”
“Oh scusa, scusami! Non ho controllato la forza e poi dimenticavo che…”
Già, che il mio culo era vergine!!!!
Ad ogni modo, ormai erano lì, e per nulla al mondo avrei voluto che si levassero!
Uno, due dita girarono e rigirarono dentro e fuori dalla piccola fenditura; un po’ come quando si spalma la colla stick su un foglio di carta. Il gel era freddo e mi ritrassi, senza sottrarmi ai miei doveri. Sapevo quello che stava per fare. Stava per incularmi. Stava per deflorarmi, per prendere la mia verginità ed io lo volevo. Ragazzi, se lo volevo!!
“S-sta per sfondarmi il culo?” bisbigliai raucamente.
“S-sì... Voglio piantartelo dentro. Fino in fondo! Sì, Davide. Voglio incularti! Tu lo vuoi?“ chiese.
“Oh sìììì!! Sissignore, lo voglio! - gemetti - Lo voglio!!” ripetei più forte.
“Bene! Ma ne sei davvero convinto ragazzino? Una volta iniziato non ho la minima intenzione di fermarmi!”
“Oh sì! Sì coach! Lo voglio, lo voglio!!!! - fiatai, mentre le sue grosse dita scivolavano ancora una volta dentro di me, allargando il mio buco vergine e carezzando le pareti interne – Diiiooo coaaaachhhh…” bofonchiai.
“Tutto bene là?” chiese.
“Mmmmmm...” gemetti, facendo cenno col capo. La fronte imperlata di sudore per l’eccitazione e quel senso di ignoto che provavo.
“Ok, allora! È deciso: ti sfonderò il culo con il mio uccello! – non potei fare a meno di domandarmi, nonostante l’esaltazione, come mai il suo linguaggio si fosse fatto improvvisamente così scurrile. Non che la cosa mi spiacesse, anzi. Ma mi sembrava così distante dall’amante attento delle volte precedenti. O anche solo di poco prima! - È probabile che ti faccia male. Sicuramente ti darà fastidio. Ma passerà, te l’assicuro! Farò piano, ok? Almeno all’inizio!” concluse sogghignando.
“Uh-huh....” Sentii quella specie di succhiotto che avvolgeva la mela rossa e sugosa dell’allenatore che spingeva contro il mio anello. Iniziò a farsi strada. Lentamente ma inesorabilmente. Un dolore acuto mi pervase. Lasciai cadere la testa sbuffando come una locomotiva. Gocce di sudore bagnarono il legno. La sollevai di scatto deglutendo.
“Nnnngggghhhh!!!! Aspetti!“ gridai ansimando, mettendogli una mano sulla coscia afferrandomi ai peli.
“Respira profondamente, Davide e rilassati di più!“ non aveva nessuna intenzione di levarsi, ma anzi continuò a spingere. Le pieghe anali erano così tese (stava passando la parte più larga della mela) che mi sembrava si dovessero rompere da un momento all’altro. Lui continuò a perforare, incurante del mio strazio!
“Aaaaaagggghhhh!!!! Cazzo!! – m’irrigidii. Iniziai a latrare come un animale prigioniero di una tagliola. Sudavo freddo - N... I-io non posso! Non posso! – sbuffai di nuovo – Oddio! Ooooddddiiiioooohhhh...” gridai sconvolto quando il dolore acuto si trasformò in una vampata di calore che mi stava mandando a fuoco anche l’intestino.
“Spingi e respira! Respira!” e spinse di nuovo. Ormai il siluro era dentro almeno per metà.
“Ma non devo partorire! Lo sto prendendo in culo – protestai disperato. Invano, ovviamente - Oh cazzo, oh cazzo!!! Si fermi, per favore. Oooowwww...”
“Davide“ cominciò a dire, ma chiaramente non lo stavo ascoltando.
“Davide un cazzo! Lo tiri fuori. Oh dio, fa male! – mi girai fissandolo ostinatamente – Io, non voglio. Non voglio più – stavo per iniziare a piangere come una bambina - Lo tolga, lo tolga, lo tolga!” lo supplicai. Improvvisamente sentii di nuovo quel dolore su di una natica. Il coach si era effettivamente sfilato e mi aveva schiaffeggiato il culo. Forte.
Non feci nemmeno in tempo a voltarmi perché si schiacciò su di me. Tirai su con il naso e mi asciugai i lacrimoni. Quello che avevo sopra non mi sembrava più Bertelli. Era come se un demone si fosse impossessato di lui: “Allora Davide, tu hai detto di voler essere inculato, giusto!?!? Io ho bisogno di incularti e t’assicuro che lo farò con o senza il tuo aiuto! - non l’avevo mai sentito parlare così. Le sue parole arrivarono come lame alle mie orecchie - Ti avevo detto di rilassarti e spingere indietro e tu ora proverai a farlo. Sennò ti farò molto, molto male…” quel tono e quelle parole che somigliavano ad una specie di minaccia, mi scioccarono. Deglutii ed inspirai profondamente. Tremante espirai.
”Bene. Ancora uno!“ mi ordinò. Quando espirai riprovò a sbattermelo dentro. Lo fece in unica mossa. Mi sembrò che il mio anello anale venisse teso da un lato all’altro della stanza. Serrai le labbra mordendole, ma il dolore che provai la prima volta si attenuò. Solo il sudore che gocciolava ancora. Lungo il mio corpo fin sulla tavola di legno. Ed era tutt'altro che caldo.
”Ok, sono dentro! Lo senti ragazzo? - mi bisbigliò in un orecchio – Senti quant’è duro? E quant’è bello avere in sé il pisello di un altro uomo?” Assentii. Lui non si mosse. Per un tempo che mi parve interminabile rimase lì. Piantato saldamente dentro di me a fare nulla. In effetti, a ben pensarci intendo, era proprio ciò che doveva fare perché sentii la tensione allentarsi. La mia schiena, le mie gambe e, sì, anche il mio culetto si stavano finalmente rilassando.
”Bene, Davide! Finalmente ti stai comportando davvero bene!“
‘Sì, bene! Come se avessi una fottuta scelta!’ pensai.
Chiaramente l’intenzione di non voler togliere il suo fottuto cazzo dal mio fottuto culo, venne sottolineata allungandomi un’altra sonora pacca!
Per parte mia, la situazione, mi fece capire che, forse, non ancora pronto a farmi impalare (anche se ormai non si poteva porre rimedio alla cosa). Ma ero anche sicuro di non volere che lo estraesse.
Sì, ok, è vero: ero in una situazione di totale, completa, normalissima confusione!
Quella tipica di un diciottenne gay appena sverginato!
Il coach sentì certamente il mio buco rilassarsi. Estrasse quasi completamente l’uccello e lo spinse dentro nuovamente. Con altrettanta forza!
”Uuuunnnngggghhhh... - grugnii sbuffando – Ok, ok!! È vero n-non è poi così doloroso...“
”Bene!“ rispose prendendo a fottermi. Era una specie di danza: quelle spinte alternate alle uscite che si erano avvicendate con una lentezza dolorosamente esasperante, ora seguivano un ritmo diverso. Non frenetico, ma più veloce!
”Diiiooo, sì! Ssssìììì!!!!“ mi sentii gridare, mentre digrignavo i denti e picchiavo i pugni sulla panca. Lui si sfilò completamente, in attesa di una contromossa da parte mia. Che non tardò ad arrivare perché, sorprendentemente, mi sentii inarcare il culo per cercare di nuovo il suo cazzo.
”Ohhhh! E così ora lo vuoi, non è vero?” ridacchiò. Aveva ragione. Lo volevo. Volevo il suo cazzo. Il suo cazzo! Mi sentivo vuoto. Appoggiò nuovamente la mazza a quello che, ero certo, fosse il mio buchetto vogliosamente aperto! Ma doveva sbrigarsi: sentivo che si stava chiudendo! Di nuovo mi sentii dilaniare le increspature mentre lo faceva scivolare dentro con violenza. Sentivo i peli delle sue palle solleticare quelli delle mie chiappe: emisi un lungo sospiro di soddisfazione mentre lui rimetteva in moto il bacino.
”Ohhh sì, sì!!!! Uuuunnnngggghhhh ssssìììì!!!! – ululai – Però…”
Cazzo, ma perché si era tolto di nuovo!?!?!?
“Però cosa?” mi voltai per guardarlo dritto negli occhi.
“Voglio che tolga il preservativo…”
Sorrise. Srotolò velocemente la protezione; poi si appoggiò alla mia schiena. Le sue labbra vicino al mio orecchio e le braccia che mi avvolgevano la vita: ”Cosa vuoi ancora, Davide? Dimmelo...“ sussurrò.
”I-io voglio che con continui ad incularmiiiihhh!!!! – la voce era concitata – Voglio che non smettaaaahhhh… Che non la finisca maiiiihhhh!!!!”
”Mi spiace ma non ti ho sentito. Cosa vuoi?”
”Inculami! Voglio che tu mi fotta il culo! Oh dio, fottimi, fottimi, fottimi! FOTTIMIIIIHHHH!!!!“ gridai a squarciagola.
”Ok... Se insisti...“ ribatté, e afferrandomi saldamente per le spalle cominciò a pomparmi di brutto.
”Fotti! Aaaahhh, sìììì!!!! Fotti, fotti, fottimiiiihhhh! Oh cazzo quanto mi piace! Fottimi il culoooohhhh! Inculami! Non smettere! Non smettereeeehhhh… Uuuunnnngggghhhh...“
Continuò a spingere come una trivella che stava scavando una galleria, gemendo e tendendosi contro di me. Il suo pene seppellito nel mio culo, trapanava senza sosta un buchetto che ormai sentivo grande come una caverna. Completamente spanato!
”Sì, prendilo! Prendi il mio cazzo! Prendi ‘sto randelloooohhhh! Oooohhhh dio, il tuo culo è così caldo! Così... Uuuunnnngggghhhh… Strettoooohhhh!!!!“ ansimò, mentre continuava ad immergersi in me. Il mio uccello era così duro da rimbalzare tra le mie cosce e la panca. Lo afferrai saldamente cominciando a menarmelo mentre lui, inarrestabile, continuava a sbattermi.
”Unnnnghh sì... unnnnghh sì, sì!!!! Oh cazzo sì, non smettere!!!!“ piagnucolai.
”Sta’ tranquillo che non ho intenzione di farloooohhhhddddiiiioooohhhh, Davide, il tuo culo mi farà venire! Mi sta facendo venire! Uuuunnnngggghhhh… T-tu vuoi che venga dentro di te, eh? Lo vuoi?” gridò, affondando le dita nelle mie spalle.
”Oh sì, coach! Voglio la tua sborraaaahhhh! Sborrami dentroooohhhh... D-dammi il tuo sperma! Lo voglio! Sborrami nel culo, che aspetti!?!?“ lo esortai.
Con un verso animalesco, oscillò il bacino per l’ultimo affondo in me. Si bloccò. Lo sentii tremare. Anzi no, era come se si stesse scuotendo. E poi… Un uggiolare strangolato accompagnò il diffondersi del suo caldo, spesso sperma dentro di me.
Immediatamente, lo seguii, sbrodolando sopra la panca. Era come se lo sperma che schizzava dal mio uccello fosse quello che era appena uscito dal suo, risalendo dai miei intestini.
Crollai sopra la panca ansimando con l’allenatore sdraiato su di me, il suo uccello ancora nel mio culo ormai ufficialmente sverginato. Alcune gocce del suo seme scivolavano lungo i peli delle mie palle mentre lui si sfilava dolcemente.
”Wow!!!! – esclamò - Pensavo che fottere il tuo piccolo culetto sarebbe stato bello, ma così è stato… Incredibile!!!!”
”Sì, sì, lo è stato!!!!“ replicai soddisfatto.
Dopo quella volta io e Bertelli aggiungemmo anche le scopate ai nostri incontri.
Scopate che si consumavano ovunque il desiderio ci cogliesse: nel suo ufficio, nelle docce, un paio di volte persino sul cofano della sua macchina (ed una delle due addirittura nel parcheggio della scuola).
Ecco, questo è ciò che avveniva quando divenni maggiorenne!
Arrivò il giorno del diploma e la mia carriere universitaria prese l’avvio. Ma questa ovviamente è un’altra storia…
Su queste pagine voglio però fermare un ultimo ricordo legato a quei tempi: ogni volta che tornavo in città, mi recavo a trovare il coach e non passava molto tempo prima che ci ritrovassimo nudi a ‘giocare’.
Ed in coscienza non posso che sposare completamente quello che era il suo credo: stavo finalmente vivendo i migliori anni della mia vita!!!!

Nota finale: con quest'ultimo capitolo, si concludono, almeno per il momento, le vicende di Davide. Che però ha iniziato a frequentare l'università...
Nel salutarVi e ringraziarVi per il calore con cui avete accolto anche questi scritti, mi sembra doveroso segnalare che potete trovare la trilogia pubblicata in un altro sito (che non nomino per evitare forme di pubblicità occulte) con un altro nick! Se vi va, andate a rileggere i racconti anche lì e poi...
Alla prossima! HB
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