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Gay & Bisex

In cantiere - Parte 2


di honeybear
28.03.2013    |    11.917    |    4 9.5
"Davide si mise sopra di me, appoggiando il suo cazzo a riposo tra le chiappe di quel buco bagnato e slabbrato..."
Carlo si diresse verso la cassetta degli attrezzi e la prese con sé. Ne estrasse due cacciaviti di medio taglio, aprì poi una specie di doppio fondo da cui estrasse due involucri in alluminio. Erano due profilattici che infilò sulla testa di ciascuno degli attrezzi:
“Che cagne siete se non avete la coda…”
Avvicinò quel dildo improvvisato a ciascuno dei due buchi dopo averci sputato sopra ed aver distribuito il liquido salivale lungo tutta l’impugnatura. Sentivo il manico premere sul mio ano… Dovevo riuscire a rilassarmi per farlo entrare completamente:
“Brave, così… Così!”
C’era nel nostro padrone un’irruenza che tutto sommato non mi spiaceva, e sicuramente, nemmeno al nipote. Le nostre riserve cedettero, così da consentirgli di proseguire con il suo movimento, tenace ed instancabile, avanti e indietro. Ogni volta estraeva quasi completamente l’oggetto del nostro piacere, per poi inserirlo a fondo, con un colpo secco che strappava un gemito ad entrambi.
Sentivo il dolore al culo crescere, ma il piacere cresceva di più. Le mani di Carlo si muovevano sicure ed in perfetta sincronia; poi il movimento cessò di colpo: aveva deciso di lasciare i cacciavite infilati fino alla strozzatura del manico:
“Ma che belle codine avete! Da brave, adesso dimostratemi quanto siete felici per il regalo ricevuto!”
Iniziammo perciò a scodinzolare riprendendo il vorticoso gioco di lingua. Carlo ci si era messo davanti masturbandosi e toccandosi i grossi capezzoli pelosi. Si piegò sopra di noi: le sue mani ritornarono su entrambi i culi sculacciandoli, pizzicandoli, graffiandoli, senza mai toccare i cacciavite.
Il mio uccello era tanto gonfio di sangue che l’erezione temevo potesse addirittura farmi male.
Non avrei retto più molto, e credo nemmeno Davide. Lo zio dovette finalmente intuirlo così, mise mano ai cacciavite riprendendo a spingere. C’era tuttavia impedito di masturbarci.
Le spinte divennero via via più rapide e violente, così da permettere al piacere di esplodere in tutta la sua irruenza: cinque, sei… Arrivai a contare circa otto fiotti di sborra che schizzavano come i getti d’acqua di una canna fino a poco prima schiacciata con un piede. Una parte del caldo seme prodotto da entrambi si mischiò in una piccola pozza di liquido chiaro e denso che Carlo ci obbligò di assaggiare.
“Davvero un ottimo lavoro, non c’è che dire! E adesso portiamo un po’ a spasso le mie cagne in calore!” Così dicendo lasciò i cacciaviti infilati nei rispettivi ani e si allontanò nuovamente con un sorriso malizioso. Io e Davide avevamo ripreso a slinguarci quando sentimmo che Carlo ci stava mettendo addosso qualcos’altro:
“Da brave smettete un attimo di giocare che usciamo a fare una passeggiata!”
Con due pezzi di filo elettrico aveva improvvisato un collare ed un guinzaglio che ci aveva fatto indossare proteggendoci il collo con le rispettive magliette. Sempre scodinzolando, ci portò alla scala che scendeva al piano interrato.
C’era anche lì una specie di giaciglio cui ci condusse. Continuando a trattenerci per il guinzaglio, ci ammonì:
“Adesso fate ancora un po’ di feste al vostro padrone!” Così dicendo, strattonò il mio guinzaglio imponendomi di riprendere in bocca la sua asta. Cominciò a scoparmi la bocca con il suo manganello d’acciaiao. Pochi colpi e fu la volta di Davide cui riservò identico trattamento. A noi, come prima, era impedito fare qualsiasi cosa che non fosse tenere aperta la bocca per consentire alla spada di entrare ed uscire dal suo fodero di saliva. Il mio cazzo era tornato duro: morivo dalla voglia di masturbarmi ma non lo potevo fare. E leggevo negli occhi di Davide lo stesso desiderio.
Andò avanti così fino a non poterne più. A quel punto avvicinò le nostre teste e ci sborrò sopra: ancora una volta l’eiaculazione dell’uomo sembrava l’eruzione di un vulcano. Questa volta fu lui a pulire i nostri visi dal suo seme, ingoiandolo tutto.
“Bene, bene. E’ arrivato il momento della monta… - Così dicendo sfilò i cacciaviti e liberò solo Davide dal guinzaglio – Vediamo come si comporta la troia in calore... Eccoti l’osso che ti avevo promesso!”
Rimasi carponi. Davide mi si parò davanti mentre Carlo mi tratteneva per la corda: il suo enorme cazzo puntava sul mio ano e premeva per farsi strada all’interno del mio culo.
Dopo aver ammirato la perfezione di quel piccolo anello di carne che attendeva impaziente il supplizio, appoggiò appena la punta del membro sull’apertura e con un movimento lentissimo, ma inesorabile, l’affondò quasi completamente. Parimenti diede un leggero strattone al mio collare obbligandomi ad inarcare leggermente la schiena. Il mio corpo si abbandonò completamente alla sua volontà:
“Bravo… Così, assecondami e ci divertiremo entrambi… E forse non ti farò troppo male!”
Poi arrestò il movimento. Di nuovo uno strattone alla corda e, mentre il mio corpo s’inarcava, riprese a spingere.
Gemetti sentendo il palo avanzare: la cagna in calore si stava concedendo totalmente al suo padrone.
Il limite tuttavia non era ancora valicato.
Ed allora Carlo uscì completamente dal mio buco ormai sufficientemente dilatato, per poi rientrarci con tutta la violenza di cui fu capace. Ripetè il gioco un paio di volte, fino a che quell’uccello di dimensioni sovrumane si spinse fino all’estremo limite: una lacrima di dolore (o era puro piacere?) mi solcò il viso.
Gli occhi di Davide mi guardavano brucianti di desiderio mentre vedevo le sue mani accarezzarsi il petto irsuto, indugiando prima sui capezzoli poi all’altezza del pube per afferrare saldamente il suo membro ed iniziare a mastrurbarsi.
Ora che mi aveva totalmente sottomesso, le mani di Carlo ripresero la loro opera tormentandomi i capezzoli, accarezzandomi il ventre, solleticandomi i coglioni e l’uccello, teso e fremente.
A lungo mi scopò in quella posizione poi, con una leggera pressione sulle cosce, mi fece sdraiare completamente. Si girò su un fianco trascinandomi con sé senza minimamente sfilarmi l’arnese dal culo. Con un cenno intimò a Davide di mettermi l’uccello in bocca e proseguì a scoparmi in quella nuova posizione: muoveva il suo palo avanti e indietro, mentre la sua mano accarezzava il mio uccello in modo rude.
Sentì che la tensione nel mio corpo cresceva, ma i suoi movimenti continuavano ad essere lenti, regolari e inesorabili: non pensava minimamente all’orgasmo. L’unica concessione fu di togliermi il collare. Per il resto continuava imperterrito a scoparmi il buco:
“Guarda un po’ che grandissimo troione abbiamo trovato Davide. E come lo prende bene! Dobbiamo invitarlo più spesso alle nostre pause pranzo!”
Così dicendo mi sfilò l’uccello. Davide prese il suo posto. Lo zio pretese che il nipote ripetesse il suo stesso rituale mentre lui iniziava a scoparmi la bocca. Il ragazzo iniziò a leccarmi le natiche, indugiando sui peli che le ricoprivano dando loro dei piccoli morsi che mi facevano sussultare. Spostandosi poi sul buco lo trovò chiaramente bagnato e già dilatato dall’assalto precedente:
“Cazzo che troia che sei, non smetterò mai di ripetertelo – Carlo era più eccitato che mai - Adesso Davide ti apre in due”. Davide non se lo fece ripetere e con un colpo deciso infilò il cazzo fino in fondo facendomi gemere di dolore e piacere.
Si rovesciò sul dorso, tenendomi stretto a sé. Lo zio non ci dava tregua: mi afferrò per la nuca facendomi nuovamente sbattere con il mento contro i suoi coglioni enormi e pelosi mentre Davide approfittava della posizione a smorzacandela.
Io mi lasciavo scopare senza opporre nessuna resistenza da quel giovane ed esperto cazzo che sfregava deciso contro le pareti del mio intestino: questo aumentava in me l’eccitazione soprattutto quando sentivo i suoi gemiti sempre più forti. Era Davide infatti a condurre il gioco. Le sue mani erano appoggiate alle mie chiappe, regolando i miei movimenti a suo piacimento. A volte estraeva completamente il cazzo per vedere il buco rimanere aperto, bagnatissimo e pulsante per poi infilarlo in un solo colpo fino a sbattere con forza il pube contro le mie natiche.
Sfilandomi momentaneamente l’uccello di Carlo dalla bocca, lo imploravo di non smettere e di scoparmi ancora con più forza.
Anche lo zio purtroppo aveva le sue pretese e seguitava a tormentare la mia bocca:
“Così, così… Più veloce. Bravo!”
Davide continuava a dirigere il movimento del mio corpo; solo in un secondo momento credetti di poter essere io a scegliere la velocità con cui farmi impalare e a quale altezza infilarmi il suo meraviglioso uccello. Mi sbagliavo. Non feci in tempo a sincronizzare il movimento del culo con quello della bocca che il ragazzo estrasse di colpo il suo arnese, mi fece girare sulla schiena, facendomi appoggiare i piedi sulle sue spalle.
Lo zio mi si era messo alla testa e stringendomi il viso tra le ginocchia riprendendo il filo del discorso che, l’imprevisto cambio di posizione del nipote, aveva momentaneamente interrotto.
Il mio buco era rimasto naturalmente largo ed aperto e Davide gli infilò un paio di dita muovendole e girandole a tutta velocità per vedere il mio viso rosso di piacere contrarsi nelle smorfie del godimento, poi riprese a scoparmi lasciando il suo cazzo libero di avanzare ed arretrare come un pistone nella sua sede naturale. Nello scoparmi si alternava a Carlo.
I nostri gemiti riempivano la stanza e le gocce di sudore della fronte di Carlo e Davide ricadevano sul mio viso rosso e stravolto dal piacere fino a quando con alcuni colpi decisi ed un ulteriore infossamento del cazzo Carlo riversò nel mio intestino l’ennesima grande quantità di sborra. Lo stesso fece Davide.
Esausto lo zio si lasciò cadere sul materasso:
“Sei una gran troia, non mi stancherò mai di ripetertelo. Mi correggo: siete! Due delle migliori che mi sia scopato…” commentò accendendosi una sigarette sbucata da chissà dove.
Accettai con piacere il complimento: ero felice di vedere un maschio appagato dal mio culo. Anzi due!.
Mi girai mettendomi con la pancia appoggiata al materasso. La sborra con cui mi avevano riempito usciva lentamente dal mio buco, accompagnata dai miei umori, per colare lungo le gambe insudiciando il materasso. Davide si mise sopra di me, appoggiando il suo cazzo a riposo tra le chiappe di quel buco bagnato e slabbrato. Cominciammo a baciarci e a scambiarci tenere effusioni che, da ultimo, portarono me all’orgasmo tra le braccia di quell’essere meraviglioso.
Questa volta lo zio ci lasciò fare. Evidentemente i suoi istinti animaleschi erano stati saziati a sufficienza… Tra l’altro era ora per tutti quanti di rimettersi al lavoro: la noia dell’ufficio mi aspettava e quel pomeriggio la resa lavorativa fu davvero scarsa… Non tanto per la stanchezza, quanto per la voglia di rivivere quell’incredibile esperienza!
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