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IL PRIGIONIERO DEL BORDELLO - Capitolo 2


di Strapps
29.05.2021    |    8.023    |    0 6.5
"Ad un tratto dal citofono irrompe la voce di Mammie: “Tempo scaduto, Signore..."
Capitolo 2
Finisco per appisolarmi e Mammie mi urla nel citofono interno: “Sveglia ragazzo o prendo la cinghia e vengo a trovarti!”
“Mi perdoni Mammie!” dico subito e mi alzo dal letto.
“Non si dorme durante l'orario di visite!”
“Sì, mi scusi” dico nel citofono.
Vado al balcone e guardo un po' fuori, per quanto è possibile. Gente per strada, auto, poliziotti transex che pattugliano il quartiere. Non so neppure dove mi trovo. Un brutto posto ai limiti del centro cittadino, in lontananza si vedono grandi palazzi a vetro. Ma sotto, nella strada, ci sono anche tanti poveracci e brutti ceffi, le sirene sono continue di notte, di giorno va meglio. Ogni tanto penso alla vita fuori da questa prigione per marchette. Non sono mai stato in nessun posto se non nell'orfanotrofio fino a 18 anni e poi chiuso qua dentro. A estinguere un debito che non ho contratto, se non che due poliziotti transex mi hanno trovato fuori dall'orfanotrofio di notte e mi hanno rapito e poi venduto a Mammie e la sua gang di avanzi di galera. Sono 10 mesi che sono chiuso qua dentro, 3 ha detto che dopo 2 anni il debito è scontato, ma spesso ci sono prolungamenti e angherie. Chissà cosa sarà di me. 2 anni a fare marchette sono tanti.
Alle 13 parte il condizionatore e la stanza è più fresca in un attimo. Ma Mammie lo fa per i clienti, mica per noi(3 e 5 a parte che hanno molti privilegi)la notte è spento e si muore dal caldo, ma in genere sono troppo stanco per non dormire.
Mammie mi annuncia un cliente. Entra un poliziotto transex di classe C, di colore, molto grossa, la divisa coi nastrini e il cinturone con pistola dicono che è un agente di un certo rilievo, anche se la classe C non ancora molto nella scala gerarchica. Ha una borsa gialla di naylon sotto il braccio. Non promette bene, i clienti che si portano oggetti talvolta sono rognosi. Lo saluto, ma quello mi molla uno schiaffo in faccia. “Zitto.! E togliti quelle mutandine, mostrami il culo, spicciati!”
“Scusi Signora!”
mi molla un altro schiaffo più forte.
“Avanti che aspetti?”
Mi tolgo le mutandine e mostro il culo. Lo tocca, lo palpa, quindi mi infila un dito dentro, sente la consistenza, muove avanti e indietro il dito. “Um non male, aperto, ma non spanato, forse vali quei 200 crediti che mi ha chiesto quella culona là fuori” toglie il dito dal mio culo e mi punta l'indice che ha usato per saggiare la mercanzia e mi dice: “Leccalo, avanti!” lo faccio, sa di gel alla fragola, il mio, sa della sua pelle profumata. È grossa, due tette belle tese sotto la divisa, indossa lunghi tacchi fuori-ordinanza e ha mani grosse e piene di anelli, molto curate. 200 crediti è una Special. Sudo freddo. “Ho sicuramente qualcosa che va bene per il tuo culetto bianco...” e si mette ad armeggiare nella borsa. Tira fuori due plug che hanno la forma di una coda da una parte. Scegli uno dei due e mi fa:
“Mettitelo in culo, poi inginocchiati ai miei piedi e inizia baciarli. Mi raccomando la tua coda deve essere sempre in vista e il toy ben dentro il tuo culetto!”
Faccio quanto ordinato. Mi infilo il plug in culo, senza sforzo, non è poi particolarmente lungo e lo sistemo, gli mostro il risultato. Intanto la cliente ha tirato fuori dalla borsa una ciotola di metallo piccola e una bottiglia di acqua. Versa l'acqua nella ciotola e poi mi fissa. “Ok cagna, nella borsa c'è anche un collare da barboncina bianca, prendilo e indossalo”. Guardo nella borsa chinandomi. La transex mi palpa il culo e lo colpisce un paio di volte mentre estraggo il collare e la catena fine che vi è fissata. “Ti sta bene quella coda che spunta fuori, sembri proprio una cagnetta...” mi sculaccia ancora e mi dice di sbrigarmi a indossare il collare. Traffico con quell'affare un po' troppo per non farla innervosire: “Sei una frana, troietta! Dai qua!” e mi strappa di mano il collare e mi afferra il collo con una mano. È più alta di me di almeno venti centimetri e mi sovrasta completamente, ho paura e tremo un po' mentre la sua mano mi stringe il collo, sento però anche il suo profumo femminile intenso. In un attimo mi sistema il collare, stringe, ma posso respirare abbastanza bene. “E' perfetto per una cagnetta come!” Mi ordina di inginocchiarmi e mi mette in faccia i suoi piedoni neri sui tacchi fuoriordinanza.
La cliente tira il collare più volte come per provarlo. Sembra andare bene. Indica i suoi piedoni curati dentro le scarpe col tacco.
Prendo a baciarli.
“Ehi fammi vedere il culo, zoccola!” e allora mi allungo e alzo il bacino. La coda spunta fuori e lei è contenta. “Così va meglio, cagnetta…!” e tira più volte il collare. Si siede sulla poltrona rossa mentre io continuo a baciarle i piedi.Prende la rivista che stavo leggendo e inizia a sfogliarla mentre io le lecco i piedi lunghi, sudati, dal forte odore di transex e di umidità. Lecco anche il platò delle scarpe e faccio correre la lingua sul tacco acuto, lei non mi degna di uno sguardo e sembra presa dalla rivista. Continuo. Dopo un po' tira la catena più volte, alzo la testa: “Signora?”
“Puoi bere dalla ciotola adesso”
Mi muovo verso la ciotola colma d'acqua. Lei però mi tira la catena: “Devi sempre mostrarmi il culo, troietta!” lo faccio, sento la coda che spunta dal mio ano ondeggiare nell'aria. Mi metto a leccare dalla ciotola. In realtà è complicato, provo un paio di volte, ma lei tira la catena. “Devi infilare la tua boccuccia dentro, cagnetta!”
Lo faccio e bevo. Lei mi agita la testa come farebbe ad un cane mentre sono immerso nella ciotola. Alzo di nuovo la testa, sperando che vada bene. Lei annuisce. “Brava cagnetta...brava ti meriti uno zuccherino...” e dalla divisa prende 2 mentine e me le ficca in bocca. Non so cosa fare provo a muoverle in bocca, lei mi fissa e sorride. “Butta giù come farebbe un cane e poi torna a leccarmi i piedi...” eseguo. Torno a baciarle i piedi neri e sudati. Mi ordina di togliere le scarpe, lo faccio e mi punta i suoi lunghi piedi sulla faccia. Mi struscia le piante sul volto, quelle estremità rugose ma curate mi coprono tutta la faccia. Gioca col mio naso e poi mi infila un piede in bocca. Inizio a succhiarlo come fosse un cazzo, ma lei lo toglie subito. “Lecca, cagnetta...” e torno a leccare e baciare i suoi piedi. Lei torna alla rivista, ogni tanto allunga la mano e mi palpa il sedere, gioca con il plug, lo spinge meglio dentro e poi tocca la coda che spunta fuori. Quando tira la catena vuole che beva dalla ciotola, mi ordina di riempirla e di bere. Dopo che ho finito mi dà un'altra mentina. Torno a baciarle i piedi. Vado avanti così, fra i suoi palpeggiamenti, il plug nel culo, la catena tirata, lei indifferente che si gode il servizietto.
Ad un tratto dal citofono irrompe la voce di Mammie: “Tempo scaduto, Signore...”
La transex si alza annoiata. “Ok, troietta, abbiamo finito, puoi rimettere tutto nella borsa, spicciati!”
Per prima cosa mi tolgo il plug, lo pulisco e poi butto l'acqua della ciotola. Cerco di fare in fretta, lei non mi guarda neppure, si mette delle scarpe basse che teneva in borsa e ripone i tacchi alti. Le passo la borsa, la guardo: “Spero si sia divertita Signora...” lei non mi degna di attenzione, ma dalla giacca tira fuori una banconota da 10 crediti e me la passa. Va alla porta, Mammie apre ed esce.
Metto la banconota assieme alle altre, non le conto, so già quante sono. Mi domando se sto risparmiando abbastanza per il mio debito. Non ho idea di quanto sia. I soldi li gestisce Mammie e non ci dice mai niente in merito, domandarlo significa prendersi ceffoni forti da quelle manone nere e callose oppure peggio la cinghia. Le mance sono sempre scarse e vi attingo per la cena della domenica e per il dottore che dobbiamo pagare noi perché per Mammie: “Se vi ammalate sono cazzi vostri! A buttarvi in una discarica quando siete fottute e ridotte male ci mettiamo poco, al massimo ci rimettiamo qualche credito, ma carne fresca come voi si rimedia sempre in giro...”
Al citofono chiedo a Mammie di poter andare in bagno. Lei mi dice di aspettare che ci sono dei clienti. Quando apre finalmente la porta vedo in corridoio una coppia uomo-donna, lei è vestita in modo carino, lui ha la cravatta allentata una giacca color paglia macchiata e ha in mano una bottiglia di vino bianco che puzza. Mi ficco in bagno e faccio quello che devo fare, mi pulisco e rimango seduto sulla tazza qualche minuto, respirando piano. So che fra pochi minuti dovrò rientrare in quella stanzetta a fare marchette, la giornata è ancora lunga, forse non verranno altri clienti. Ma so che così non sarà affatto. Mi domando se sia peggio lavorare di più per rincorrere un debito del quale non conosco neppure l'entità o lavorare meno col rischio che Mammie si incazzi e mi sbatta fuori.
Esco, in corridoio 1 è appoggiata alla porta che dà nell'ufficio di Mammie e mangia un budino di riso. Stare con Mammie tutta la mattina deve averle fruttato quella leccornia, tutti qui amiamo il budino di riso AppleBelles, Mammie ne ha una scorta personale, ma sono rare le volte che ce lo passa a colazione. Li conserva per i suoi giochetti, per le sue preferite della casa, 1 e 2 e per 3 e 5 che hanno privilegi speciali. Mi viene voglia del budino AppleBelles. 1 mi vede e mi sbatte in faccia il budino. Con la bocca fa segno che è buonissimo. Affonda il cucchiaio nella confezione gialla e verde e ne cava una dose esagerata, se la ficca in bocca e la mangia di gusto.
“Ehi troietta, non fare l'ingorda e porta il tuo culo qui, non penserai che ti ho dato il budino solo per fare la carina con me?” 1 fa una faccia incazzata e frustrata rivolta a me. Sbuffa ma poi si volta e sorride a Mammie dentro il suo ufficio. “E tu stronzetto torna dentro!” mi ordina.
Rientro nella stanza e mi sdraio sul letto.
Di storie di gente che ha provato a scappare da questa casa ne ho sentite da 3 e 5. tutte finite tragicamente. La prima notte, dopo aver pianto a lungo ho provato a forzare la porta della stanza con un pezzo di metallo che ho trovato sotto il letto. Ho iniziato facendo piano, pensando che nella casa tutti dormissero, ho continuato solo qualche minuto. Poi ho sentito la porta aprirsi e Mammie in pigiama era lì assieme un tizio magro con dei tatuaggi sul collo. È entrata mi ha sbattuto a terra e mi ha riempito di schiaffi, quindi il tizio magro mi ha afferrato per le spalle e mi ha trascinato fuori. Mi ha sbattuto in una stanza minuscola, mi ha legato le mani e i piedi con delle corde e mi ha lasciato per terra. Intanto sentivo la casa svegliarsi, Mammie che urlava e le luci accendersi. Volti sconosciuti che avevo solo intravisto poche ore prima mi fissavano assonnati ero nel panico e tremavo.
“Adesso vedete cosa capita a chi fa lo stronzo e non obbedisce a Mammie! Guardate stronzi!”
La donnona nera mi dette un paio di calci e poi mi strappò il pigiama di dosso.
“Questo lo dovrai ripagare, puttana!” e mi tirò degli schiaffi. Quindi strappò anche le mutande e rimasi nudo e legato a terra, piangendo, impaurito.
“Glojer! LA CINGHIA!!” disse al tipo tatuato e questi passò a Mammie una cinghia nera con delle borchie.
“Adesso assaggerai la cinghia. Se sei furbo la lezione di stanotte ti basterà, sei sei stupido questa cinghia la proverai spesso e vedrai...non ti piacerà!” e prese a colpirmi sulle gambe con violenza. I colpi era fortissimi e urlavo di dolore, sopra di me gli altri della casa guardavano. Mammie mi ingiuriava e mi colpiva con forza. Non respiravo dal dolore, piangevo ed urlavo e la cinghia si abbatteva sulle gambe e sul culo. Una furia. Svenni.
Mi risvegliai al buio nella stanza, slegato ma dolorante. Le ferite della cinghia mi pulsavano sulle gambe e sul culo, era un inferno. Urlai di dolore e chiesi aiuto, ma nessuno mi rispose. Provai a bussare alla porta chiusa piangendo. Quando si aprì la porta Mammie entrò, mi dette un paio di ceffoni fortissimi in volto. “Stronzo, fortuna tua che non stavo dormendo altrimenti ti avrei preso a cinghiate ancora! Questa è una pomata. Dovrai ripagarmi anche questa, stupida troia! Resterai chiuso qui fino a quando pare a me! Capito? Ti conviene chiudere la bocca e non bussare, né piangere, né altro, stupida troia! Altrimenti la prossima volta avrò la cinghia con me!” poi se ne andò e mi lasciò al buio nello stanzino. Ero senza parole e senza speranze, tremavo, ma non volevo certo prendere altre cinghiate. Mi buttai a terra e al buio mi passai la pomata sul culo e sulle gambe.
Passai due giorni nello stanzino ricevendo solo una bottiglia di acqua, quando fui liberato 3 venne nella mia stanza e mi spiegò cosa avrei dovuto fare nella casa bordello di Mammie.
Il mio incubo da marchettaro iniziava.


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