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LA PUTTANA DELLE MONTAGNE (seconda stagione della serie "Prigioniero nel bordello".


di Strapps
30.05.2023    |    227    |    0 6.0
"” Andò di là, io mangiai il mio budino e poi preparai le valigie..."
La vita nel bordello procede come prima. Mammie è sempre più cattiva, manesca con me e non vedo che Poliziotte Transex di classi basse.
Una mattina Mammie mi convoca nel suo ufficio. Seduto sul divano c'è una transex nera molto grossa, indossa una tunica piuttosto logora ma elegante, con bordi dorati, al centro è aperta e mostra un seno massiccio e consumato, avrà più di cinquantanni, la faccia è grossa, gote cascanti di carne truccate pesantemente, labbra grosse e rosa, senza un filo di capelli in testa, la pelata lucida, porta grossi orecchini d'oro e alle mani grossi anelli con cifre, tiene un grosso bastone di legno in mano, in cima un uccello, forse una aquila, forse un delfino se i delfini sono uccelli. Mi guarda. Sorride. “E' questa Mammie?”
“Sì, è la troia, Mongel...ti piace'”
“Non sembra male...spogliati, troietta e mostrami la mercansia...”
“..ma cosa vuole ques?
Una ciabatta di Mammie mi centra in testa.
Mi spoglio nudo e la tipa pelata mi fa cenno di avvicinarmi. Lo faccio. Si alza pure lei. È alta più di un metro e ottanta, grossa, un corpaccione cadente che un tempo doveva essere stato impressionante. Mi tocca il petto, le costole, le spalle, tira la pelle, mi fa aprire la bocca e mi controlla a lungo dentro. “E' una brava pompinara Mogel...non preoccuparti...” “Non lo metto in dubbio cara, ma io guardo ad altro. Girati troietta e abbassati...” mi tocca il culo, passa un dito nel solco, mi penetra con un dito. “Non è il massimo...ma può andare..potrebbe fare al caso mio...possiamo trattare ancora sul prezzo? È un po' gracilino...abituato al caldo di questo inferno di città...in montagna sarà sempre malato e i pompini si fanno male con il naso otturato...” e ride profonda infilandomi un dito nel culo.
“Cosa vuoi? Questo passa un bordello come il mio...se vuoi una principessa vai nel quartiere della polizia...ah, già non puoi farti vedere da quelle parti..”
Mogel abbozza, toglie il dito e mi ordina di rivestirmi.
“Non tratto. La cifra è quella, prendere o lasciare!”
Mogel ci pensò a lungo, mi toccò ancora, mi mise un dito in bocca e mi fissò.
“Posso fidarmi di te troietta bianca? Resisterai sulle montagne?” i suoi occhi neri sono grossi e profondi, fisso la sua pelata e gli orecchini, profuma come una baldracca ma ha fascino.
“...io….cioè...non so..cosa vuoi?”
“Oh, continuerai a fare quello che fai qui, ma altrove, lontano, con me...”
“Ma io….
Mi zittisce con un grosso dito ingioiellato. Mi fissa. Sorride. Ha fascino e forza, ma ho paura. La montagna? Odio il freddo…
Mi accarezza e poi mi lascia. “Ok, Mammie facciamo l'affare! Tu troia prendi quella borsa riempila delle tue stronzate e torna qui.
Mi getta una borsa piccola di pelle, corro in camera mia nervoso, tremante. Cosa mi accadrà? Tremo. In camera ho poche cose, le raccolgo assieme ai pochi vestiti, raccolgo i pochi crediti delle mance, un budino alla crema e torno da Mogel. Sta pagando Mammie, lei si ficca i crediti nel petto. Mi abbraccia e mi bacia in bocca, puzza di troia e di rum, almeno non la sentirò più. Mogel mi afferra per la mano e mi conduce fuori per strada. Non uscivo da mesi. Mi fa accomodare su un'auto vecchia e scassata col parafanghi abbassato e i fari rotti, ma stupenda, tutta cromata, marrone lucido, pinne lunghe stile anni '50, gli interni sono in pelle chiara, logori e sporchi, ma comodi. Mogel mi ammanetta allo sportello. “Scusa baby, ma ancora non ci conosciamo e non mi fico...” mi fissa, io ho lo sgaiurdo basso, intimorito, impaurito, tremante. Mi accarezza. “Scommetto che andremo d'accordo io e te, anzi scommetto che diventerai la mia fidanzatina...sembri uno bravo e obbediente. Sei obbediente?”
“...sì…
“Bene, adesso andiamo a casa mia a prepararci per il viaggio. Brava rilassati e riposa la strada è lunga”
Viaggiammo ne tramonto andando a Nord per almeno due ore. Arrivammo di notte in un quartiere orribile, povero e malsano. Mogel mi liberò e mi prese per mano. Facce losche ci guardavano, ma Mogel pareva non aver paura di loro.mi condusse in una appartamento piccolo e sporco. Mi fece spogliare e mi dette da mangiare un paio di banane e del thè al limone buonissimo. Da un armadio prese dei vestiti da uomo, felpe, tute e poi vestiti da donna, me ne provò qualcuno così ad occhio. “Questi vanno bene...prepara la valigia...”
“Scusa Mogel...o come ti devo chiamare?”
Lei mi mollò uno schiaffo. Aveva la mano pesante. Urlai di dolore.
“Troietta puoi chiamarmi come vuoi: Daddy, Sugar, Mogel, Signora, Padrona, Zuccherino...fra un paio di mesi mi chiamerai coi nomignoli più dolci...” mi prese la faccia e mi dette un bacio in bocca. Aveva labbra morbide e dolci, una lingua enorme che si prese la mia e s ela tenne stretta. Era piacevole.
“Bene...avanti..a lavoro…
“Scusi Signora, posso mangiare il mio budino?”
“Certo dolcezza….puoi fare quello che vuoi qui dentro, ma non puoi uscire e devi sempre obbedire ai miei ordini, facile. Sei capace?”
“...penso di sì...Signora...”
Andò di là, io mangiai il mio budino e poi preparai le valigie. Andai di là, stava trafficando con degli anelli in un pentolino e pettinava delle parrucche rosse. Me le fece indossare. “Sei carino anche così...”
“Posso chiedere cosa faremo...assieme….?”
“Te l'ho detto, tu continuerai a fare la troia, solo che per adesso tutti i crediti che guadagnerai spompinando cazzi e facendoti scopare nel culo saranno miei. Devo rifarmi del tuo acquisto e poi ci sono le spese dei vestiti, il cibo, il trasporto….ne dovrai fare di marchette prima di liberarti dal debito con me…
“...cioè..perchè?” mi venne da piangere.
Lei mi abbracciò, profumava di donna e il suo petto era bello grosso.
“Ma non preoccuparti troietta...dove andremo ne farai di marchette e magari fra un paio di anni sarai libera…
“Libera? Sul serio?” dissi eccitato. Era incredibile!
“Certo zuccherino...libera...libera...ma io sono convito di una cosa...quando avrai estinto il tuo debito con me mi pregherai di restare, di essere una delle mie ragazze...le altre le conoscerai domani….sarai innamorata di me e vorrai restare...” e mi abbracciò ancora. Io ero confuso e incredulo.
“Tieni!” e mi ficcò in bocca un cioccolatino alla ciliegia buonissimo.
“Ok, adesso vieni qua, troietta...per essere veramente la mia puttana delle montagne, manca qualcosa..” prese un anello dal ciotolo, pareva rovente. Io indietreggiai, ma Mogel mi prese per un braccio, era fortissima e mi tenne fermo, prese l'anello rovente e veloce me lo conficcò nelle carni del braccio destro. Fuoco!! urlai di dolore, provai a sottrarmi, ma Mogel era una roccia. Mi bloccò, il fuoco duro pochissimo, ma quando lo tolse la mia carne fumava e bruciava. Urlai e piansi forte. Mogel mi tirò uno schiaffo. “Quante storie...passa subito...”Mi prese in braccio e mi portò al divano. Mi prese la testa e se la mise sul petto. Era gonfio, molle, enorme, profumava di buono. Piansi di dolore. Lei mi cullò con grande dolcezza. Poi mi fece bere una pasticca per il dolore mi dette del gelato. Alla panna e cioccolata, non avevo mai mangiato niente di più buono. Me ne dette due porsioni. Le spazzolai piangendo di dolore e di gioia assieme.
Mogel si preparò un paio di cocktail e se li bevve mentre io mangiavo il gelato. Quando ebbi finito, mi ordinò di riempirle il bicchiere e poi mi fece accomodare accanto a lei, sul suo grosso corpo nero. La guardavo, era affascinante con quelal pelata lucida, gli orecchini enormi, le gote cascanti, il naso a patata, gli occhi grossi, le labbra carnose. Lei sorrideva e ricambiava il mio sguardo. Mi cullò a lei e mi sentii bene, meglio che con Mammie, nel bordello, certo l'idea di andare a fare marchette in montagna mi atterriva, ma per ora le cose erano andate molto meglio: un posto in un quartiere pessimo, ma accogliente, caldo, Mogel sembrava una stronza ma anche dolce, e poi il gelato…….........…
“Ehi dolcezza, sai perché sono convinta che quando avrai finito di ripagarmi rimarrai con me?”
“Per il gelato?”
“Ah, bella battuta...brava….mi piacciono le troiette argute….in un certo senso sì...per questo bel gelatone nero qui...” e si aprì la tunica e sfoderò un grosso cazzo elefantino con la cappella grossa nascosta sotto uno strato di pelle nera dura. Doveva essere almeno 15cm a riposo
“OH MY MOGEL..,,,,ma è HUGE!”
“Puoi dirlo troietta.. e sarà il tuo compagno di giochi preferito, ne sono certa...anzi...dato che non ho ancora provato le tue doti di bocca,,,,avanti datti da fare...ho pagato dei crediti per te e la tua boccuccia….avanti”
Presi in mano quel grosso pezzo di cazzo nero, le palle erano proporzionate, uno scroto grosso e nero coperto di pelle massiccia, tutto depilato. Odorava di buono. Lo baciai, baciai la cappella sotto lo strato di pelle e poi scesi piano lungo l'asta, la leccai e poi mi gettai sulle grosse palle, prima baciandole e poi succhaindole, il lavoro alle palle le piaceva. Vedevo la pelata lucida, la sua grossa faccia truccata, gli orecchini. Dopo le palle mi dedicai alla cappella, la feci uscire fuori, era bella grossa e rosa e presi a succhiarla. Era un vero affare e stava crescendo. Lei mi teneva piano una mano sulla testa ma mi lasciava guardarla, era eccitata e sudata, la pelata brillava, il suo odore dolce e speziato mi inebriava. Spompinai bene.
“...le piace la mia bocca….padrona?”
“Ummm non è male...non è male….avanti succhia!”
il cazzone era diventato bello grosso, in bocca tutto non ci stava bene, ma io volevo fare buona impressione, lo leccai, succhiai, adorai, baciai e poi provai ad ingoiarlo. Arrivai a metà, lei mi tirò giù con forza fino a soffocarmi. Mi mollò e caddi a terra piangendo e tossendo. Lei prese dell'acqua e me la versò addosso e poi mi sputò in bocca a lungo mentre strusciava il suo grosso uccello sul mio petto. Quando mi ripresi lei mi afferrò e mi fece girare. Prese del gel e me lo ficcò in culo con forza strappandomi un grido, quindi la sentii sbattere quel mostro sulle mie natiche, ancora gel, pregai per molto perché quell'affare era proprio grosso e poi sentii che mi penetrava, prima piano, lentamente, la grossa cappella rosa, poi il resto, io respiravo lento e cercavo di aprirmi. Lei mi fissò ai fianchi, mi spinse conto il muro, spinse il suo cazzone dentro con un gesto barbaro. Urlai di dolore piangendo, ma ero preso! Tenne fermo il suo enorme cazzo nero nel mio culo, qunidi piano iniziò a muoverlo, faceva malissimo, ma poi mi abituai e iniziai a sentirlo bene, grosso, caldo pulsante. Mi afferrò per il collo e mi mise un dito in bocca.
“Adesso ti fotto, troietta….da oggi sarai mia….per sempre!” e prese a sbattermi in culo. Era una furia, era grossa, potente, quel cazzone era gigantesco e mi riempiva il culo. Iniziai a godere sotto i suoi colpi, lei accellerò, mi teneva con forza il collo. Mi sborrò in culo dopo poco, densa sborra calda. Quando ebbe finito, mi voltò e mi baciò in bocca a lungo con forza, le sue labbra morbide, la sua lingua enorme.
“Mi piaci dolcezza...mi sa che andremo d'accordo io e te….sei già cotta di me e del mio uccello?”
IO la fissavo in preda al piacere e al terrore. Annuii. Lei mi ordinò di rifare la cameretta e poi mi mise a letto sul un materasso logoro. “Non ti lego. Tu non sarai cos' stupido da pensare di scappare? In questo quartiere un bianco come te se lo mangiano dopo 10 metri, inoltre ho io i tuoi documenti. Ma tu non proverai a scappare, vero?”
“No signora, lo giuro.!”
“Bravo!” mi baciò in testa e mi dette da mangiare una barretta alla cannella e mela buonissima. Mi passò del gel sul segno fatto con l'anello e mi dette delle vitamine e dell'aspirine. Uscì dalla stanza e mi chiuse dentro. Mi addormentai con ancora la sensazione del suo grosso cazzo in culo.
La mattina mi svegliò verso mezzogiorno. Mi condusse in cucina e mi mostrò un vassoio. Era in una tunica rossa e rosa, struccata con la pelata sudata, senza orecchini. Puzzava di alcool. “Questa è la mia colazione. Succo di arancia, un bicchiere intero, caffè amaro. 4 fette di pane appena scaldato con burro salato e marmellata, sei capace di farlo?”
“Penso di sì. Il caffè?”
“è qui, amaro, se sbagli ti rompo il culo. Me lo devi servire a letto. Avanti, cosa apsetti?” e con una mossa goffa si buttò sul letto suo che era praticamente in cucina, grossa, enorme, il cazzone spuntava da sotto la tunica. Lo guardai avido. Le servii la colazione. Quando ebbe finito mi ordinò di rassettare la stanza e pulire, quindi lei iniziò a truccarsi e vestirsi. Quando fu pronta uscimmo. Andammo in un negozio di vestiti usati gestito da un travestito che parlava un sacco. “Prima la roba per lavoro...questa può andare...è imbottita….provala” era una pelliccia sintentica rosa oscena, stretta ma foderata dentro. Prese due paia di guanti, due paia di cappelli di lana massicci rosa. Fa freddo ripeteva. Mi provò biancheria da donna e da uomo. Il travestito se ne uscì: “Per questa troietta oserei qualcosa di più...Mogel…
Lei gli ficcò il bastone sotto il mento. “Il tuo parere non mi interessa. È lei è la MIA TROIETTA...non questa troietta….intesi?”
“Sei suscettibile...” e se ne andò
Mogel riprese a provarmi roba. Alla fine uscimmo con due buste. Fuori dal negozio un tipo alto in tuta logora e due scarpe diverse ci venne incontro. “Ehi hai qualche credito per un fratello, vecchio pappone?” disse. Mogel si fermò di colpo, prese il bastone e lo tirò in bocca al tizio alto. Il colpo fece un suono orribile, il tipo cadde a terra e si coprì la faccia con la mano, sanguinava.
“Primo io sono un pappone ma non sono vecchio. Secondo non ti darei un credito neppure se fossi mio figlio conciato come sei!”
Quello sputava sangue, ma si alzò in piedi e dalla tasca della tuta sporca prese un coltello. IO TI AMMAZZO BRUTTO PAPPONE DI MERDA E POI MI SCOPO LA TUA TROIA DAVANTI AL TUO CADAVERE!!!! urlò quello brandendo il coltello, io urlai di paura e feci per scappare. Mogel mi prese per la mano e mi tenne ferma. Alzò la tunica e mostrò al tipo una grossa pistola. Quello fece un passo indietro e poi corse via fra le auto in sosta.
Mogel mi prese per le spalle e mi tenne a sé. Profumava. Era possente e forte. Fortissima, la sua pelata lucida brillava, il suo seno grosso sotto la tunica, la pistola, era la mia padrona. La mia boss. La mia
Mi baciò sulla testa e mi condusse alla macchina.

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