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Come sodomizzo la cognata


di Amotuttodime
05.09.2020    |    37.685    |    18 5.2
"Perchè fu allora che, dopo aver estratto il dito, lui mise in atto i suoi propositi di tortura sodomia..."
Le cose tra Luigi e Letizia andavano bene, fino a che un giorno non accadde l'inimmaginabile: Letizia decise di punto in bianco di andarsene di casa. Lui rimase sconvolto, non capiva il perché di tale decisione, e non si dava pervinto. Ma nonostante i ripetuti tentativi per riconquistarla, non riusci a farla ritornare con sé. Fu allora che il suo amore per lei si trasformò in odio, in una voglia di vendetta. Luigi è un un'ascendente scorpione, e non può dimenticare, almeno fino a quando non si sente completamente appagato e si è resa giustizia. Da quel momento iniziò a pianificare come vendicarsi. Non potendo irretire di nuovo la sua ex moglie, le sue attenzioni ricaddero sulla sorella di lei, Enrica, più piccola di quattro anni, ma bella e formosa quanto Letizia. Iniziò a corteggiarla, a darle delle avances, ma Enrica non era interessata a lui, anzi cercava di evitarlo. Tutto accadde una sera, quando Enrica accettò un suo invito per mangiare una pizza assieme, solo con l'idea di trascorrere una serata tra amici. Ma ben presto Luigi si rivelò nella sua reale intenzione: possederla con o senza il suo consenso. Mentre mangiavano e bevevano, Enrica cadde in un sonno profondo; il sonnifero che Luigi le aveva messo nella cocacola aveva fatto effetto!!.

Al suo risveglio, Enrica, girava gli occhi impauriti intorno alla stanza imbottita, in cerca di qualunque cosa le potesse dare aiuto, impossibilitata a parlare a causa del bavaglio che le ostruiva la bocca.
Ma se Enrica era confusa, impressionata dalle intenzioni di Luigi, fu ancor più terrorizzata quando questi si allontanò da lei per cercare qualcosa nella stanza. L’uomo frugò con gli occhi e quando vide ciò che cercava sogghignò. Si portò all’angolo opposto, si curvò e rovistò in una pila di armi e articoli di sadismo, tutte cose ideate per infliggere tormento e dolore a un essere umano. Prese l’oggetto, si voltò tenendolo bene in mostra in modo che Enrica vedesse cosa fosse. La vista di quella diabolica creazione le causò un’ondata di terrore e brividi nervosi la percorsero per tutto il corpo. Aveva il sudore freddo, la pelle d’oca e gli occhi fuori delle orbite."Grazioso, vero?" disse ridendo Luigi, e continuò " Era la passione di tua sorella".
L’uomo andò avanti tenendo l’oggetto come un trofeo, per darlo in premio a Enrica, distintasi nel compimento del proprio dovere. Ma lei non voleva quel riconoscimento, quell’oggetto che lui carezzava amorevolmente con la punta delle dita.

"Tua sorella lo adorava", ripetè Luigi, "Vedessi come strillava quando glielo mettevo lì, in quel posticino dove lo metterò fra poco anche a te!!".
Lui, fece dondolare l’oggetto davanti al naso di Enrica, la quale contrasse l’ano vergine e vulnerabile, stringendo i muscoli dello sfintere.
Era un pene finto, di gomma plastificata color carne, di proporzioni enormi e perfettamente riprodotto nelle sue caratteristiche anatomiche. La somiglianza con un vero pene era fantastica. Ma lei non lo considerò un oggetto artistico. No, quel fallo non era una creazione di bellezza e di abilità; era un esempio di depravazione e, pur soffocata dal bavaglio, lei cominciò a mugolare e protestare, tentando di indurlo alla ragione. Ma i suoi singhiozzi gutturali e soffocati non servirono, ne le valsero i contorcimenti del corpo da una parte e dall’altra nell’inutile tentativo di staccarsi da quella specie di croce alla quale era saldamente attaccata.
" Già, questa stanza è davvero soffocante. Ho dovuto chiudere le grate dell’aria condizionata quando ho imbottito le pareti !", disse Luigi ridendo, e aggiunse: "Perciò non c’è da meravigliarsi se sudi tanto, proprio come una maialina da macellare!". Il sadismo di Luigi adesso era al culmine; le girò attorno un paio di volte sorridendo sornione ai suoi contorcimenti.
"Scommetto che gradiresti qualsiasi cosa piuttosto che questo grosso arnese piantato nel tuo culo vergine!", aggiunse poi.
"Oh, si, mi divertirò un mondo con te, Enrica; tua sorella lo chiamava il “soggiogatore” perchè, quando glielo ficcavo nel culo, diceva che si sentiva veramente umiliata, soggiogata, sotto il mio controllo!".

Durante questo discorso, e i suoi commenti salaci, Enrica aveva continuato a fissare l’oggetto in questione. Il pensiero che quell’uomo avesse costretto sua sorella a farsi sodomizzare con quel fallo da stallone lungo venticinque centimetri era sufficiente a farla star male. Ma peggio ancora, era che quell’uomo volesse praticare quell’atto umiliante e doloroso anche su di lei. Tirò forsennatamente su i legacci che la tenevano bloccata, ma invano. Si affacciavano tante angosciose domande nella sua mente e soprattutto perchè lui si stava accanendo tanto su di lei? L’aveva attirata in casa sua con una scusa, l’aveva sopraffatta, legata, imbavagliata. L’aveva incatenata a una specie di croce di legno fatta con un palo infisso nel pavimento con un asse inchiodata di traverso e ora la stava minacciando di atroci sevizie. Perché voleva terrorizzarla? Anche perchè una cosa erano il terrore e la crudeltà mentale, e un’altra l’aggressione fisica, specialmente anale.
Fu Luigi a fare la mossa successiva; evidentemente, immaginava così Enrica!. Era soddisfatto di averle cavato ogni goccia di paura dal corpo sudato e tremante. Posò momentaneamente a terra il pene artificiale, e con le mani libere afferrò il bordo superiore delle mutandine che lei ancora indossava.
Lui teneva saldamente la presa nel ridotto indumento di nylon, mentre lei abbassava lo sguardo incredula e trattenne il fiato. Lui lanciò un grido di eccitazione e strappò l’indumento da quel corpo perfetto. Non si curò di toglierlo, ma lo lacerò ai fianchi e lo tirò via.

Enrica abbassò gli occhi, rossa fino alla radice dei capelli, perchè non voleva che lui notasse la sua vergogna e il suo accentuato terrore. Il suo gioco era diventato torbido, squallido, degradante, peggiore della tortura mentale o delle frustate. La sodomia, lo sapeva, rientrava in una categoria di tormento tutto a sè.
Ma sapeva anche di non poter sfuggire alle sue grinfie. Purtroppo il bavaglio ficcato in bocca non le consentiva di implorarlo e di tentare di farlo desistere.
"Niente male, Enrica, niente male!" sogghignò Luigi. Tese la mano e passò le dita sulla peluria ricciuta della sua fica, carezzando le labbra della fessa. " Ti piacerebbe se ti toccassi e ti facessi eccitare, vero?", borbottò sottovoce Luigi. Impossibilitata a rispondere, lei rimase immobile, l’ano contratto e chiuso. Non staccava gli occhi dal grosso fallo di gomma che lui aveva ripreso in mano, e l’idea di riceverlo dietro gli dava i sudori freddi.
"Ehi, ehi, ti stai eccitando, sorellina!" commentò Luigi, mentre le sue dita si muovevano languidamente sulla carne molle di lei.
In effetti col prolungarsi di quelle carezze e manipolazioni Enrica non potè evitare di sentire sorgere il piacere sessuale, risvegliando l’estasi erotica che l'avrebbe posseduta di lì a poco. Fremette sotto l’azione delle dita di lui che disegnavano intricati ghirigori dentro la sua fessa ormai umida, o si spingevano ad accarezzare pigramente il clitoride che andava gonfiandosi di desiderio.

Nonostante tutto, si stava bagnando, si stava eccitando. Lei non voleva che accadesse, non voleva mostrargli che, pur nel dolore e nel panico, era pienamente capace di avere stimoli sessuali. Eppure non potè farci niente.
Enrica impallidì, mugolò d’eccitazione, e tentò di dimenticare l’atto futuro, la promessa di abuso, la prova sodomitica che le pendeva sul capo. Ma quando l’ebbe quasi portata a un passo dalla massima eccitazione, dall'imminente orgasmo, Luigi ritirò la mano e lasciò la presa. Passò dietro a lei per spingerle il corpo di lato in modo che non appoggiasse col sedere sul palo verticale della croce, che le serviva anche da protezione.
"Era molto piacevole, vero Enrica? ", le disse ridendo, e continuò:" Ma ti garantisco che questo", e le pizzicò le natiche contratte e dure, "sarà una vera festa… per me almeno!".
A quelle minacce, lei si irrigidì e sbirciò indietro allarmata. Vide e sentì Luigi che le allargava le natiche, esponendo il solco bruno e l’orifizio rugoso e contratto, alla sua diabolica voglia.
Un dito lungo e nodoso si fece strada, bruciante, nel suo retto violandole l’ano e facendola sobbalzare per la stilettata di dolore che la colpì all’improvviso.
Ma il dolore pur lacerante del dito nel sedere fu poca cosa in confronto al dolore che provò subito dopo. Perchè fu allora che, dopo aver estratto il dito, lui mise in atto i suoi propositi di tortura sodomia. Enrica cominciò a gridare dietro il bavaglio, e gridò con la forza della disperazione, come mai aveva gridato in vita sua, ma la sua voce rimaneva intrappolata nell'imbottitura. Un leggero strato di saliva bastò a lubrificare quel mostruoso fallo di gomma. Ma non servì affatto ad attutire il dolore straziante che lei sentì appena lui le ebbe introdotto il brutale strumento nell’ano.

Glielo sbattè dentro con forza, gridando di piacere folle, felice di violare una zona mai toccata nè usata. Enrica stava piangendo per il dolore, e intanto cercava di controllare lo sfintere; i suoi muscoli anali dovevano lottare contro la forza di Luigi, che in breve ebbe la meglio e la abuso' laddove nessuno mai aveva osato penetrare. Un dolore devastante le si diffuse nel canale allargato e torturato, Enrica si sentì svenire, cercò di rilasciare, di allentare i muscoli, non potendo impedire a lui di fare quello che aveva progettato.
"Deve essere terribilmente doloroso, vero dolcezza? ", le mormorò vicino all’orecchio, e aggiunse: " vedrai che tra poco non ne potrai fare a meno!!".
Spinse ancora e inserì altri cinque centimetri del pene finto, arrivando quasi al secondo fascio di muscoli anali che collegano il retto al colon e all’intestino cieco.
" E' talmente allargato, è incredibile!", commentò Luigi guardandole il buchetto oscenamente dilatato e continuando a forzarla, come se eseguisse un esperimento fisiologico, non un atto di terrore e di sadismo. Guardò in su verso la faccia di lei e le disse: "Fa male, dolcezza? … Si, fa male!!. Lo vedo dalla tua faccia. Scommetto che in questo momento vorresti morire vero? Ti senti scoppiare la pancia, è così? Ti senti allargare il culo… ", e detto ciò allungò una mano e grattò con le unghie la superficie pulsante del suo clitoride.
L’atto le strappò un altro grido di dolore; le unghie incidevano, ferivano come lo strumento infernale che aveva dietro. Rabbrividì e chiuse gli occhi.

Lui sganciò le strisce di stoffa che tenevano fermo il bavaglio e liberò la bocca di Enrica da quel tappo fastidioso. Lei sentì dolore alle mascelle, la lingua gonfia e infiammata, la bocca arida, impastata. Ansimò, tremò, incapace di parlare anche se ora non aveva più il bavaglio. Luigi, guardandola con disprezzo, mormorò: "non ti piace tanto, vero dolcezza?"
Enrica non sopportava quelle frasi irridenti che lui le mormorava, non meno di quel fallo sproporzionato zeppato nel suo ano infiammato e dolorante.
"Scommetto che ne preferiresti uno vero, Enrica!", dichiarò l’uomo e, senza una pausa nel ritmo, tirò via bruscamente il grosso arnese di tortura. A lei parve che col pene finto le portasse via anche l'ano. Boccheggiò, gli occhi le si riempirono di lacrime, ma appena le pareti del canale si furono riunite, non più tese e infiammate dall’oggetto degradante, Luigi si affrettò a togliersi i pantaloni. "Oh Dio, no, no!" gridò d’un tratto lei, ritrovando la voce. Il solo pensiero di essere brutalmente violentata da lui bastò a stravolgerle giudizio e ragione. Si mise a gridare e le sue furono grida di terrore e di panico, rauchi gorgoglii, suoni gutturali. Ma la stanza era come una tomba, una cripta.
Le sue grida frenetiche non andarono da nessuna parte, ma tornarono nelle sue orecchie, nella sua testa. Continuò a gridare, ma nessuno la udì, nessuno venne in suo aiuto.

Vide Luigi liberarsi delle mutande e mettere in mostra un pene rigido e vibrante che la riempì di spavento. La vista di quella grossa cappella, le fecero ricordare il fallo di plastica, e un brivido le attraversò tutto il corpo.
Luigi, allora, la tolse dalla croce e la fece cadere bocconi, con polsi e caviglie ancora legati. Le liberò le mani e i piedi dai legami; appena si sentì libera lei tentò di strisciare a quattro zampe verso la porta chiusa, oltre la quale c’era per lei la libertà, ma all’improvviso fu bloccata dal peso del corpo di lui che montò a cavalcioni su di lei come un cavaliere sul suo cavallo. Le legò nuovamente i polsi, togliendole ogni speranza di libertà. Poteva dire soltanto di essere in posizione più comoda perchè ora le braccia erano riunite davanti al corpo, non dietro. Ma era sempre imprigionata, alla completa mercè di Luigi. L’ano le bruciava e le dava fitte di dolore insopportabile. Uno strattone alla sua lunga chioma bionda bastò a soggiogarla. Lei si immobilizzò, si raggelò e a quel punto lui volle prendersi il suo divertimento.

Fu allora che Enrica chiese pateticamente a Luigi del perchè le facesse tutto questo?. Disse con voce rauca: "Perchè, dimmi perchè, che cosa ho fatto?".
"Che cosa hai fatto? … Che cosa hai fatto, dici? Te lo dico subito sgualdrinella. Tu hai la colpa di essere la sorella di quella puttana di mia moglie!! Di quella stronza maledetta che mi ha abbandonato. Mi ha piantato lo capisci? … e non potendomi vendicare su di lei, sei tu che ne fai le veci. Sei tu a subire le conseguenze della fuga di quella maledetta troia!!!", rispose Luigi con tono perentorio e deciso.
Enrica tornò a guardarlo, incerta se provava pietà o rabbia, commiserazione o ostilità, poi aggiunse: "Ma… cerca di ragionare, ti prego! Non puoi prendertela con me, non puoi addossare a me la colpa della fuga di Letizia. Che c’entro io? Cosa ti ho fatto di male? … Ti prego ascolta, cerca di ragionare…!!".
Ma lui non l’ascoltava. Anzi, a quelle parole, il suo odio per la sorella aumento', e sputando nel palmo della mano, si passò la saliva sull’asta rigida. Dopo essersi lubrificato, si accucciò dietro di lei, il cui sedere era ben in mostra, e compì ciò che aveva premeditato.

Enrica tentò di portarsi avanti carponi per sottrarsi al dolore dell’offesa. Ma l’uomo le afferrò le cosce e la tirò a se, pronto a sbatterle il grosso membro nell’ano contratto.
Lei aveva teso anche i muscoli delle natiche, stretto il solco, serrato con tutte le sue forze il buchetto, ma la forza diabolica di Luigi la sopraffece. Con un selvaggio grido di gioia l’uomo diede una spinta feroce e metà della sua asta eccitata s’immerse nel canale rettale.
Il dolore fu intollerabile. Enrica stava quasi per accasciarsi, ma tentò di divincolarsi, arcuarsi, espellere quell’arnese crudele e bruciante che invece avanzava e s’insinuava in profondità, bloccandole il retto come se fosse un ferro incandescente. Non resse più allo spasimo terribile e cominciò a gridare e a gridare con quanto fiato aveva in corpo.
"Oh, si, si, così va bene!" disse Luigi, piegandosi in avanti con abbandono scatenato e abbracciandola stretta per l’addome.
"Urla, urla se vuoi… ma fatti sfondare!!… Voglio sfondarti… Urla ancora, dai, fammi sentire che ti sto aprendo il culo… fammi sentire tutto il tuo dolore!!". Lei continuò a gridare mentre si sentiva grattare le pareti già infiammate del canale asciutto e corrugato. I testicoli di Luigi, carichi di sperma, sbattevano di tanto in tanto contro la sua vagina contratta. Più si spingeva in profondità, più lei sentiva aumentare il dolore e le lacerazioni.

Ormai Luigi aveva spinto il pene fino alla base, fino ai testicoli e stava pistonando quel sedere così tanto desiderato. Ma ancora più del dolore fisico lei sentiva la vergogna, l’umiliazione, la degradazione, la natura perversa dell’atto.
Luigi cominciò a dare colpi precisi, cadenzati, uno dopo l’altro. Mugolava come un cane in calore, sbavando di libidine, mentre proseguiva con le spinte ritmiche nel budello stretto e infiammato. Nel pieno dello sforzo, le disse:
"è piacevole, cara cognatina? è bello grosso vero? E io so come muoverlo, so come fare per farti godere di una bella inculata!, a tua sorella piaceva prenderlo più nel culo che nella fica, e adesso che se ne è andata, voglio che sia tu a provare questo immenso godimento!".
Le parole di derisione erano poca cosa a paragone del dolore che l’uomo le causava. Chiuse gli occhi, si morse il labbro inferiore, tentò di controllarsi, di non parlare, di non lamentarsi. Ma quando ebbe raggiunto il limite della sopportazione, lui era appena agli inizi del suo godimento.
L’uomo accelerò il ritmo, diede colpi di pistone terribili nell’ano della sua vittima. Fu allora che, mentre lei era sul punto di svenire, Luigi le passò una mano sotto la pancia, andandole a posare il palmo aperto sulla fessa e cominciando poi a stuzzicarle con le dita la vagina asciutta, mentre continuava a degradarla, violentandola con piacere malvagio, sadico.

Ma se non altro lei cominciava ad essere un po’ distolta dal dolore che ogni spinta dell’uomo faceva aumentare. Sebbene Luigi mantenesse il suo ritmo propulsivo, la carezza dell’uomo ai suoi genitali non mancò di sollecitare un certo piacere in lei. E il piacere aumentò man mano che le carezze si facevano più profonde, più precise, più stimolanti. Ora avrebbe voluto poter dominare il dolore per dedicarsi tutta a quel sottile piacere che nasceva strisciante all’interno della sua vagina per irradiarsi fin nei suoi lombi martoriati.
" Adesso ti piace, eh, sorellina!", le disse rauco Luigi. "Ti piace sentirtelo sbattere nel culo. Ti piace farti sfondare dietro. Lo sento da come ti stai bagnando, porca che sei!!"
Ma le parole importavano poco. La sofferenza, quella si, e la presenza di lui dentro di lei, riempivano i pensieri di Enrica che rantolava in preda a dolori indicibili.
Tentò di ignorare il dolore bruciante, le spinte violente di lui che affondava nel suo canale torturato, e iniziò a concentrarsi solo sulle stimolazioni che la sua mano continuava a elargire alla sua vagina. La peluria sulle cosce di Luigi grattava i glutei di lei in modo fastidioso, mentre l’uomo, che la montava come una bestia, gridava con gioia demoniaca: stava per venire, per scaricare il suo latte caldo.

Enrica era fuori di se, posseduta da dolore e dal piacere, i due poli opposti dello spettro sessuale. Ma di lì a poco lui raggiunse la fine della sua cavalcata, non potè trattenersi oltre. Lo percepi perfettamente lei: la grossa cappella era adesso dura come il marmo e gonfia, pronta per esplodere. Lo stimolo che le dava la mano di Luigi la fecero eccitare, di una sensazione nuova, mai provata, e sentiva che quel terribile dolore ormai era solo un brutto e lontano ricordo, sostituito da una grande voglia di non poter fare a meno di sentire dentro di se quell'asta così pulsante. Furono le ultime forti spinte, accompagnate dalle urla di Luigi, a provocarle una fortissima contrazione dell'ano; un piacere diverso che le pervase tutto il corpo, e che fu esplosivo, nel momento in cui sentì lo sperma caldo di Luigi, invadere in suo sfintere.
Enrica chiuse gli occhi e cadde con lui sul pavimento. Rimase accasciata così mentre lui le riempiva l’intestino di sperma bollente e gridava, nel furore dell’orgasmo, finendo nell’estasi ciò che aveva cominciato con tanto piacere. La tortura inflittagli da Luigi probabilmente era stato l'inizio di una nuova vita....
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